Passato quasi un mese dall’inizio della guerra in Ucraina, l’offensiva russa procede senza sosta e il livello di tensione sul piano internazionale non accenna a diminuire. Anche il nostro Paese è stato destinatario delle minacce da parte del regime di Vladimir Putin e, sebbene non ci sia un rischio imminente, il coinvolgimento dell’Italia in un allargamento del conflitto deve essere preso seriamente in considerazione.
Italia in guerra? La preparazione
Lo scenario dell’entrata del Paese in guerra è previsto nei piani del ministero della Difesa. In quanto membro fondatore della Nato, l’Italia è chiamata a combattere a fianco dell’Alleanza Atlantica qualora uno dei Paesi fosse interessato dal conflitto in corso tra Russia e Ucraina. Negli ultimi giorni dai vertici delle forze armate italiane sono arrivate gli ordini ai comandi diretti alla preparazione dell’eventuale conflitto.
Con una circolare dello Stato maggiore dell’Esercito sono state trasmesse, alcuni giorni fa, disposizioni per indirizzare “tutte le attività addestrative, anche quelle dei minori livelli ordinativi” al “warfighting” e alzare lo stato di allerta dei contingenti militari.
In audizione alle commissioni Difesa, il generale Luca Goretti, capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, ha dichiarato di avere “sostenuto e autorizzato, in coerenza con gli intendimenti governativi, il raddoppio in soli due giorni del numero dei caccia Eurofighter al servizio della Nato nella sorveglianza e sicurezza dei cieli, garantito da un rischieramento già presente in Romania”.
“Noi siamo praticamente al confine – ha sottolineato Goretti – a meno di meno di 20 miglia dal confine ucraino. Dobbiamo prestare attenzione nella nostra attività di difesa aerea: basta niente per sconfinare e trovarci in guerra. Per questo dico ai miei equipaggi che mai come ora ogni cosa deve essere fatta secondo le regole. Non bisogna mai farsi prendere dalla foga di vedere cosa c’è. Potrebbero esserci tentativi di farci entrare in territorio ucraino e sarebbe la fine”.
Italia in guerra? L’attivazione dei reparti
Ad attivarsi per primi in caso di entrata in guerra sarebbero i reparti di logistica, in preparazione dei combattimenti tramite l’organizzazione dei campi-base con le cucine, le tende, gli ospedali da campo, le postazioni in cui far arrivare i rifornimenti. Successivamente scatterebbe la difesa dei convogli che dovranno arrivare nelle zone in cui potrebbe essere necessario dislocare le truppe, far arrivare i mezzi corazzati e piazzare gli armamenti.
A questo scopo, all’interno del coordinamento con le forze armate della Nato, si alzerebbero in volo gli Eurofighter e gli F-35 in dotazione dell’Aeronautica italiana e sarebbe necessario anche l’impiego della contraerea Samp/T capace di intercettare missili balistici e da crociera. Ma anche tramite lo schieramento della flotta della Marina militare, già dispiegata nel Mediterraneo con le fregate Fremm, che hanno a disposizione il sistema antimissile e antisommergibile tra i più all’avanguardia, e con la portaerei Cavour che non ha nulla da invidiare alle forze navali di tutto il mondo.
Le prime unità dell’Esercito a partire sarebbero la Brigata Garibaldi, la Taurinense, la Folgore e la Sassari, reparti altamente specializzati definiti al tempo stesso “multiruolo”: ogni unità da circa 5mila uomini dispone di reparti corazzati, di artiglieria e antiaerei.