Natalità ancora in calo in Italia, -6,2% nel 2025: è un problema per l’economia

Nei primi 7 mesi del 2025, le nascite in Italia registrano un nuovo crollo del 6,2% rispetto all'anno precedente. Italia in fase di declino

Pubblicato:

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

L’Italia continua a fare i conti con una crisi demografica che non accenna a fermarsi. Secondo i dati provvisori del Bilancio demografico mensile dell’Istat, pubblicati a ottobre e relativi al periodo gennaio-luglio 2025 , la popolazione residente si attesta a 58.927.633 unità, in calo di circa 7.000 persone rispetto all’inizio dell’anno.

Nei primi sette mesi del 2025, sono nati appena 198.000 bambini, un dato che segna una flessione del 6,2% rispetto allo stesso periodo del 2024 ma che conferma un trend ormai consolidato. Il nuovo calo delle nascite registrato nel 2025 conferma che l’Italia è entrata in una fase di declino demografico strutturale.

Natalità ai minimi storici

Il tasso di natalità sceso del 6,2% registra uno dei cali più marcati degli ultimi anni. È una percentuale che, se confermata nei dati definitivi di fine anno, porterà le nascite italiane a un nuovo minimo storico, ben al di sotto della soglia psicologica delle 350.000 nascite annue.

La contrazione della natalità non è un episodio isolato e si inserisce in una tendenza strutturale che dura ormai da più di un decennio. L’età media al parto continua ad aumentare, la popolazione femminile in età fertile diminuisce e le giovani coppie posticipano o rinunciano alla genitorialità, spesso per motivi economici o di instabilità lavorativa.

Il risultato è che ogni anno nascono sempre meno bambini, mentre il numero dei decessi resta alto e stabile, con un inevitabile effetto di erosione della popolazione residente.

Cosa rischia l’Italia

Non si tratta più di un fenomeno temporaneo o legato a singoli fattori congiunturali, ma di un problema sistemico che tocca l’economia, la sostenibilità del welfare e la tenuta sociale del Paese.

Secondo le proiezioni Istat e le stime Eurostat, se l’attuale tendenza dovesse proseguire, entro il 2050 la popolazione italiana potrebbe scendere sotto i 54 milioni, con un rapporto lavoratori/pensionati sempre più sbilanciato. Il rischio è quello di un Paese che invecchia rapidamente, con meno giovani a sostenere il sistema produttivo e previdenziale, e un aumento della spesa pubblica per sanità e assistenza.

Negli ultimi anni, diversi governi hanno introdotto misure per incentivare la natalità, come l’Assegno unico universale, i bonus nido e il congedo parentale esteso, ma finora l’impatto si è rivelato limitato.

Gli esperti sottolineano che la sfida non si gioca solo sul piano economico, ma anche su quello culturale e sociale. Servono politiche che rendano più facile conciliare lavoro e famiglia, che favoriscano la stabilità occupazionale dei giovani e che garantiscano servizi accessibili per l’infanzia.

Un Paese che cambia

Il bilancio demografico dei primi sette mesi del 2025 racconta la storia di un Paese che si trasforma rapidamente. Le famiglie diventano più piccole, la popolazione invecchia, le aree interne si spopolano mentre le città metropolitane si ripensano.

Le migrazioni, interne ed esterne, continuano a essere un fattore importante di riequilibrio, ma non sufficiente a invertire la rotta.

Il quadro che emerge dai dati Istat è quello di un’l’Italia che vive più a lungo ma genera sempre meno nuove vite. Un trend che richiede non solo consapevolezza, ma scelte politiche coraggiose e di lungo periodo per evitare che la crisi demografica si traduca in una crisi sociale ed economica ancora più profonda.

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