L’Unione europea cambia passo sull’immigrazione, valutando una stretta significativa che accoglie parte delle richieste delle destre.
In sintesi, sarà l’Ue a stilare la lista dei Paesi sicuri e i magistrati dei 27 Stati perderanno ogni potere discrezionale in merito ai ricorsi sui respingimenti. Il leghista Roberto Vannacci canta “vittoria”, mentre l’indipendente eletta col PD Cecilia Strada parla esplicitamente della “fine del diritto d’asilo”.
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Ue verso la stretta sull’immigrazione
La riforma delle regole sull’asilo compie un passo decisivo con il voto della Commissione Libe del Parlamento europeo (Committee of Civil Liberties, Justice and Home Affairs), che va a intervenire su uno dei nodi più dibattuti dell’intero Migration Pact: la gestione delle domande considerate infondate o inammissibili.
Il primo regolamento introduce una ridefinizione del concetto di Paese terzo sicuro. Se fino a oggi era necessario verificare un legame individuale tra il richiedente e il Paese attraversato, la nuova norma stabilisce che è sufficiente il semplice transito in un Paese classificato come sicuro o l’esistenza di specifici accordi bilaterali. Questo cambiamento sulla gestione dell’immigrazione elimina un passaggio interpretativo fondamentale, consentendo agli Stati membri di dichiarare inammissibili molte più domande già nella fase preliminare.
Un altro elemento di rottura riguarda gli effetti del ricorso. Nelle nuove regole, l’impugnazione contro una decisione d’inammissibilità non comporta più la sospensione automatica dell’allontanamento. In concreto significa che il richiedente potrebbe essere rimpatriato prima che il giudice esamini il caso, riducendo drasticamente lo spazio della giurisdizione nell’intercettare eventuali errori o violazioni procedurali.
Parallelamente, la Commissione Libe ha dato il via libera alla creazione di una lista Ue di “Paesi di origine sicuri”. Chi proviene da queste nazioni è, secondo presunzione normativa, altamente improbabile che abbia diritto alla protezione internazionale. Oltre ai Paesi candidati all’adesione, l’elenco comprende Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. L’effetto sistemico è l’accelerazione delle procedure, con decisioni rapide e maggiori probabilità di respingimento.
Critiche dalle sinistre
Secondo i negoziatori del Partito Popolare Europeo, queste misure daranno agli Stati membri “flessibilità, coerenza e rapidità” nella gestione dei dossier, con l’obiettivo dichiarato di aumentare il numero dei rimpatri ed evitare la saturazione dei sistemi di accoglienza. Per i sostenitori della riforma, si tratta di un intervento necessario per rendere credibile la capacità dell’Ue di controllare i confini e far rispettare le decisioni amministrative.
Di segno opposto le reazioni del fronte più garantista. Cecilia Strada, europarlamentare indipendente eletta nelle liste del Partito Democratico, parla apertamente di un rischio sistemico: “Rischia di essere la fine del diritto d’asilo, una conquista nata dalle tragedie e dalle deportazioni del ‘900”. Le critiche riguardano soprattutto la compressione delle garanzie procedurali e il fatto che l’onere della prova, di fatto, ricade quasi interamente sul richiedente in tempi ormai ristrettissimi.
Meno potere ai giudici in caso di ricorsi sull’immigrazione
Il nodo politico più rilevante, però, va oltre la contingenza della gestione migratoria. Le nuove regole segnano un trasferimento di potere: meno margine ai giudici, più discrezionalità amministrativa e maggior ruolo dell’esecutivo nazionale ed europeo. L’asilo tende a trasformarsi da materia giuridica, caratterizzata da valutazioni caso per caso, a procedura standardizzata basata su presunzioni normative e automatismi.
Il voto della Commissione Libe rappresenta la posizione del Parlamento in vista dei negoziati con il Consiglio.