Bonus caldaie bocciato dall’Europa, l’Italia riceve una lettera di infrazione

La Commissione Ue avvia tre nuove procedure d’infrazione contro l'Italia: nel mirino i ritardi sugli edifici green, violazioni nel settore bancario e mancati interventi sulle interferenze radio

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

L’ostentata vicinanza della premier Giorgia Meloni ad Ursula von der Leyen non è bastata ad evitare che dalla Commissione europea partisse una procedura d’infrazione dopo l’altra per l’Italia.

Le contestazioni vanno a colpire tre settori: energia, banche e comunicazioni. Oltre all’Italia, vengono coinvolte con lettere di costituzione in mora anche Estonia e Ungheria.

Italia inadempiente su caldaie a gas

Ai tre Paesi si contesta di non avere recepito entro il 1° gennaio 2025 l’articolo 17(15) della Direttiva comunitaria sull’efficienza energetica degli edifici (Epbd), ovvero la Direttiva Ue 2024/1275.

L’obbligo riguarda un punto specifico: l’eliminazione dei sussidi statali per l’installazione di caldaie autonome alimentate da combustibili fossili, misura che l’Ue considera essenziale per la progressiva decarbonizzazione degli immobili europei.

Il settore edilizio è considerato responsabile di oltre tre quarti dei consumi energetici domestici legati al riscaldamento e alla produzione di acqua calda e dipende per quasi due terzi dai combustibili fossili che alimentano le caldaie. L’articolo 17(15) rientra nella strategia europea di lungo termine che punta a un parco edilizio a emissioni zero entro il 2050.

Secondo la Commissione, l’Italia, l’Estonia e l’Ungheria sono state inerti e non hanno fornito spiegazioni sufficienti a giustificare il ritardo.

Ora i tre Paesi hanno due mesi per rispondere all’Ue. E in caso di mancato adeguamento, Bruxelles potrà passare allo stadio successivo del procedimento di messa in mora, con l’invio di un parere motivato.

Chi sperava che l’Ue allentasse la presa sugli obiettivi del Green Deal per dirottare attenzioni e risorse sul piano di riarmo europeo (anche a titolo di tacita alternativa industriale alla sofferenza dell’automotive) è destinato a rimanere deluso.

Procedura d’infrazione per il settore bancario

Il secondo richiamo dell’Ue all’Italia riguarda la legislazione sui cosiddetti Golden Powers introdotti nel 2012 e ampliati nel 2021-2022. La normativa attribuisce al governo italiano ampi poteri di intervento su operazioni societarie ritenute sensibili per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico. Secondo la Commissione, invece, l’applicazione nazionale rischia di sconfinare in interferenze ingiustificate su decisioni puramente economiche.

Nel dettaglio, Bruxelles ritiene che la disciplina italiana contrasti:

Anche in questo caso l’Italia ha due mesi per fornire chiarimenti e modificare la normativa. Se la risposta sarà giudicata insufficiente, la Commissione potrà procedere con un parere motivato, preludio a un potenziale deferimento alla Corte di giustizia.

Frequenze FM, l’Italia non elimina le interferenze

Il terzo richiamo contro l’Italia riguarda la gestione dello spettro radio FM (87,5-108 MHz). Secondo la Commissione, l’Italia non ha adottato le misure necessarie a eliminare le interferenze causate da emittenti radiofoniche nazionali nei confronti di Francia, Croazia, Malta e Slovenia. Un problema noto da anni e più volte discusso nell’ambito del Radio Spectrum Policy Group, ma ancora irrisolto.

Le interferenze impediscono ai Paesi confinanti di utilizzare in modo pieno ed efficace le frequenze assegnate ai loro operatori FM. Bruxelles ritiene quindi che l’Italia stia violando obblighi previsti dal Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche e dalla precedente Direttiva Quadro del 2002. Anche qui il governo italiano ha due mesi per fornire una risposta adeguata.

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