La Commissione Ue ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per il mancato recepimento della direttiva “Eurovignette“, che impone pedaggi maggiorati per i veicoli pesanti più inquinanti. Una mossa che espone il Paese al rischio di multe salate.
Il termine per recepire la direttiva era scaduto lo scorso 25 marzo. Nonostante i richiami di Bruxelles – una lettera di costituzione in mora a maggio e un parere motivato a dicembre – l’Italia non ha ancora messo a punto la normativa nazionale. Secondo la Commissione, “gli sforzi profusi dalle autorità italiane non sono stati sufficienti”.
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Cosa prevede la direttiva “Eurovignette”
La direttiva introduce un cambiamento di paradigma: i pedaggi non saranno più una tassa fissa per l’uso dell’infrastruttura, ma uno strumento per far pagare ai veicoli più inquinanti i costi reali che generano.
Una delle svolte più significative è l’eliminazione graduale dei sistemi a “vignetta” (un pedaggio forfettario basato sul tempo) per i veicoli pesanti. A questi si sostituiranno, in via prioritaria, tariffe basate sulla distanza effettivamente percorsa, considerate più eque. Inoltre, a partire dal 2026, diventerà obbligatorio calcolare i pedaggi includendo i “costi esterni” legati all’inquinamento. Questo significa che il prezzo del pedaggio dovrà riflettere non solo l’usura della strada, ma anche l’impatto sull’ambiente e sulla salute delle persone, in particolare per:
- le emissioni di CO₂ (effetto climalterante);
- l’inquinamento atmosferico da gas di scarico (come gli ossidi di azoto e il particolato);
- la congestione del traffico.
Per l’Ue, l’obiettivo finale è duplice: incentivare la transizione verso mezzi a basse o zero emissioni, premiando chi li utilizza, e al contempo garantire una concorrenza più equa tra gli operatori del settore, assicurando che il prezzo del trasporto rifletta i suoi costi reali per la società.
Il decreto italiano esiste ma non è stato ancora discusso
L’ironia della situazione sta nel fatto che il provvedimento nazionale esiste già in bozza. Uno schema di decreto legislativo, predisposto dai ministeri competenti, era addirittura iscritto all’ordine del giorno del pre-Consiglio dei Ministri del 7 ottobre. Tuttavia, il giorno successivo il testo non è stato discusso e nemmeno approvato da Palazzo Chigi.
Il decreto italiano, che riscrive la normativa del 2010, prevede un sistema tariffario unico ma differenziato. I pedaggi saranno modulati in base a:
- l’onere per l’infrastruttura;
- i costi per il recupero dei finanziamenti pubblici;
- i costi esterni legati a inquinamento atmosferico e CO₂ (ridotti del 50% rispetto ai valori Ue per evitare, spiega la relazione, una “doppia imposizione”).
La gestione sarà affidata all’Autorità di Regolazione dei Trasporti. Il testo tralascia invece gli oneri per inquinamento acustico e congestione, ritenuti “strumenti eccezionali e complessi”.
La tempistica esplosiva e il rischio sanzioni
Il nuovo sistema si applicherà, per tutelare gli equilibri economici esistenti, solo alle future concessioni autostradali. Ma la tempistica è diventata critica: mentre il decreto era in attesa del via libera, Bruxelles ha esaurito la pazienza. Il deferimento alla Corte è ora un fatto compiuto e e i giudici di Lussemburgo confermeranno la violazione, l’Italia dovrà pagare sanzioni pecuniarie giornaliere fino al completo recepimento della direttiva.
Il dossier Eurovignette si sposta così in sede giudiziaria, in un momento in cui i rapporti con Bruxelles sono già tesi su altri fronti, dal Pnrr alle concessioni balneari.