Addio a Niccolò Ghedini, aveva 63 anni: chi era il fedelissimo avvocato di Berlusconi

E' morto a 63 anni Niccolò Ghedini, senatore e celebre avvocato di Silvio Berlusconi, che lo ha difeso in quasi tutti i processi in cui l'ex Cav è stato coinvolto

Pubblicato: 18 Agosto 2022 09:57

Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

E’ morto a 63 anni Niccolò Ghedini, senatore e celebre avvocato di Silvio Berlusconi, che lo ha difeso in quasi tutti i processi in cui l’ex Cav è stato coinvolto. Nato a Padova il 22 dicembre 1959, Ghedini è stato a lungo legale di Silvio Berlusconi e dal 2001 parlamentare con Forza Italia.

Il primo commento alla sua scomparsa è arrivato sui social proprio da Berlusconi, che intanto è tornato alla carica in vista del voto del 25 settembre, come se dal 1994 nulla fosse cambiato: “Ci ha lasciato il nostro Niccolò. Non ci sembra possibile ma purtroppo è così. Il nostro dolore è grande, immenso, quasi non possiamo crederci: tre giorni fa abbiamo lavorato ancora insieme. Cosa possiamo dire di lui? Un grande, carissimo amico, un professionista eccezionale, colto e intelligentissimo, di una generosità infinita. Ci mancherai immensamente, e ci domandiamo come potremo fare senza di te. Niccolò caro, Niccolò carissimo, ti abbiamo voluto tanto bene, te ne vorremo sempre. Addio, ciao. Per noi sei sempre qui, tra noi, nei nostri cuori. Un forte, fortissimo abbraccio”.

Chi era Niccolò Ghedini

Laureato in Giurisprudenza a Ferrara, Ghedini aveva svolto la professione forense dal 1985, lavorando prima nello studio legale del padre Giuseppe e poi come penalista a fianco di Piero Longo, con cui aveva seguito tutti i processi di Berlusconi.

Ghedini era malato di leucemia e da qualche tempo era ricoverato al San Raffaele di Milano: una complicanza legata a una polmonite gli è stata fatale.

I primi esordi in politica sono iniziati da giovane, negli anni ’70, militando nel Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano; poi il passaggio al Partito Liberale Italiano. Segretario dell’Unione delle Camere Penali Italiane a metà degli anni ’90, nella seconda giunta presieduta da Gaetano Pecorella e nella prima di Giuseppe Frigo, si era poi stretto al leader di Forza Italia, diventando uno dei volti più noti nel suo entourage.

La sua attività politica

Nel 2001 era stato eletto alla Camera nelle file di Forza Italia nel collegio uninominale di Este, nel 2006 al Senato, e di nuovo nel 2008 alla Camera e nel 2013 al Senato. Dal 2005 ricopriva l’incarico di coordinatore regionale di Forza Italia in Veneto. Nel giugno del 2016 Silvio Berlusconi, convalescente per un’intervento al cuore, gli aveva dato in mano il partito, con l’amico di sempre Gianni Letta.

Secondo il sito OpenParlamento, che supervisiona le attività di deputati e senatori, Ghedini però non è granché presente ai lavori di Palazzo Madama: al 20 marzo 2018 aveva un tasso di assenteismo pari al 98,28%. Su un totale di 19102 votazioni, aveva partecipato solo a 138, risultando assente a ben 18964 votazioni e diventato così il senatore più assenteista della XVII legislatura. Nonostante questo, è stato il parlamentare più ricco di tutti, con un reddito complessivo di 2 milioni 689mila euro l’anno.

I processi di Berlusconi

Ghedini è stato anche indagato per concorso in corruzione in atti giudiziari nel processo Ruby Ter, che vedeva coinvolte le ragazze che frequentavano la villa ad Arcore di Berlusconi ad Arcore e che avrebbero testimoniato a favore di quest’ultimo in cambio di denaro.

Celebre, tra le sue tante affermazioni alla stampa, quella in cui disse, a proposito della costituzionalità del Lodo Alfano che avrebbe garantito la sospensione dei processi penali alle quattro più alte cariche dello Stato, e sempre in difesa dell’ex Cav, che la legge non si applica necessariamente allo stesso modo per tutti i cittadini. Sua anche l’espressione passata alla storia, in relazione ai rapporti intrattenuti da Berlusconi con le escort a Palazzo Grazioli e Villa Certosa, “utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile”.

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