Serie A spaccata sulla riforma Figc, il piano Gravina sui pesi del calcio su base economica

La Serie A si spacca sulla proposta di riforma del presidente della Federcalcio Gabriele Gravina per la ridistribuzione dei pesi nel calcio, come previsto dall'emendamento Mulé

Pubblicato: 27 Ottobre 2024 23:58

Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Non c’è pace per Gabriele Gravina nella ricerca di una quadra sulla riforma della Figc. La proposta del presidente della Federazione di ridistribuire i pesi sulla base del contributo economico, nel tentativo di applicare l’emendamento Mulé, divide i presidenti del massimo campionato, scontenta le componenti e non piace nemmeno al primo firmatario della norma che dovrebbe rivoluzionare il calcio italiano.

La proposta di Gravina

Il piano presentato da Gabriele Gravina prevede un aumento della rappresentanza della Serie A dal 12% al 18%, con un consigliere in più rispetto ai tre attuali, un incremento anche per la Serie B dal 5% al 6%, a fronte di un ridimensionamento del peso elettorale della Lega Pro che scenderebbe dal 17% al 12% perdendo un consigliere e della rimozione dall’organo politico del 2% degli arbitri, in nome di una maggiore indipendenza.

Per i dilettanti rimarrebbe invariato l’attuale 34% e allenatori e calciatori resterebbero rappresentati in totale per un 30%, rispettivamente al 10% e al 20%.

Così delineata la riforma Figc darebbe alle tre leghe maggiori una quota totale del 36%, permettendo ai professionisti di superare i dilettanti e a tendere di andare verso quel 51% obiettivo di buona parte dei club di Serie A.

L’Assemblea di Lega del massimo campionato non ha né approvato né bocciato la proposta di modifica dello statuto, anche in attesa del Consiglio federale di lunedì 28 ottobre, quando la ridistribuzione dei pesi dovrebbe essere nuovamente esaminata.

Il piano avrebbe però segnato una spaccatura tra le società: se, infatti, da una parte Juventus, Inter, Bologna, Monza e Atalanta sarebbero tra le squadre aperte a una riforma moderata, dall’altra il fronte costituito da Lazio, Napoli, Torino, Empoli, Genoa, Milan e Verona, non sarebbe disposta a rinunciare alla quota del 51% riservata al mondo professionistico.

“Abbiamo indicato la necessità di aggiustamenti, sia sull’autonomia che sul numero dei consiglieri. Da tempo sosteniamo che il calcio professionistico debba valere il 50% dei voti e che la Adebba avvicinarsi al 30%”, ha spiegato il presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini.

Le reazioni

Il progetto scontenterebbe soprattutto la Lega Pro, che sarebbe pronta a vedere diminuito il proprio peso elettorale e di rappresentanza soltanto in cambio dell’1% della mutualità dei diritti Tv, che per legge spetta alla Figc.

Il piano presentato da Gravina non sarebbe comunque in linea nemmeno con i principi della norma su cui si dovrebbe basare, secondo quanto spiegato dallo stesso parlamentare che l’ha firmata, Giorgio Mulé: “Dopo aver letto le proposte della Federazione italiana giuoco calcio di revisione dello statuto federale vedo smarrita l’architrave della norma approvata dal Parlamento nel luglio scorso – ha spiegato – che disse parole chiare rispetto alla rappresentanza delle leghe sportive professionistiche”.

“La legge dispone infatti ‘un’adeguata’ e ‘equa’ rappresentanza delle Leghe negli organi direttivi ‘che tenga conto anche del contributo economico apportato al relativo sistema sportivo’ – ha ribadito il vicepresidente della Camera di Fi – Bene, la proposta del nuovo statuto sulla distribuzione dei 21 componenti del Consiglio federale porta dagli attuali tre a quattro il numero dei consiglieri indicati dalla Lega di serie A, di quella organizzazione cioè che contribuisce da sola con 130 milioni di euro all’anno al sistema federale, con sostentamento diretto di tutte le altre leghe”.

“Si tratta palesemente di una beffa e soprattutto della violazione evidente di una norma di legge che non può essere tollerata” è stata la reazione di Mulé.

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