Nato nel 1905 e deceduto nel 1994, Elias Canetti è stato un saggista molto celebre, insignito del Nobel per la Letteratura nel 1981. Ben noto per i suoi aforismi, ha scritto un solo romanzo in tutta la sua lunga carriera, dal titolo Auto da fé, del quale parliamo di seguito nel dettaglio.
Auto da fé, trama
Pubblicato nel 1934, Auto da fé ha come titolo originale Die Blendung, che letteralmente può tradursi come L’accanimento. Non è soltanto l’unico romanzo di Elias Canetti ma è anche il suo primo libro in assoluto.
Edito in una fase a dir poco complessa della storia del mondo, venne bandito dai nazisti. Generalmente ignorato, nonostante gli attestati di stima da parte di Thomas Mann e non solo. Apprezzato soltanto in seguito, quando venne ripubblicato negli anni Sessanta.
Il romanzo di Elias Canetti è ambientato negli anni Venti, a Vienna. Il periodo è alquanto vago. Potrebbe infatti andare dal 1921 al 1927, identificabile grazie alla citazione dello scacchista Capablanca, indicato come campione del mondo.
La prima parte si svolge quasi esclusivamente nell’appartamento dello studioso Peter Kien, che vive in uno stato di isolamento quasi maniacale, circondati dai suoi volumi. Terrorizzato all’idea del contatto con altre persone, si ritrova comunque vittima della sua donna di servizio, che infine sposa, e del portiere violento dello stabile. I due, lentamente, lo spogliano di ogni avere.
La seconda parte lo vede al fianco di un malvivente. I due vagano per le aree più oscure di Vienna, passando da un luogo grottesco all’altro. Una vicenda che si conclude nel sangue. La terza parte, infine, vede il complesso processo che porta a ristabilire in qualche modo l’ordine iniziale del romanzo.
Significato del titolo e interpretazione
Il titolo nella versione italiana è Auto da fé, una cerimonia pubblica connessa principalmente alla tradizione della tremenda Inquisizione spagnola. In questa fase si eseguiva la condanna decretata. L’espressione deriva dal portoghese auto da fé, che in spagnolo è divenuto acto de fe, ovvero “atto di fede”.
Il romanzo di Elias Canetti ha considerevoli basi autobiografiche. Si fa riferimento a George Kien, fratello del protagonista che richiama palesemente a Georges Canetti, fratello di Elias, che viveva realmente a Parigi, come scritto.
Evidente il riferimento ai valori perduti e a un mondo in rovina. La scena narrata del rogo dei libri è pura e semplice esposizione delle atrocità del nazismo. Il testo si fa rappresentazione di una catastrofe avvenuta ma non ancora conclusa, e che potenzialmente potrebbe divorare il mondo per come lo si conosceva. Tutto in seguito all’avvento della Germania nazista e al disfacimento del razionalismo degli Stati occidentali.
Sotto quest’aspetto, vediamo Kien rivolgersi ai propri libri come a esseri viventi. Resta così sconvolto dinanzi al rogo nazista. Si cimenta allora in un discorso accorato, nel quale maledice gli autori del primo rogo di libri della storia e tutta la loro discendenza. Un solo episodio che si erge più in alto di tutti gli altri per le sue tante sfaccettature e conseguenze. Nessuno può più pensare di salvare un mondo del genere, non del tutto almeno.