Segnaliamo ai nostri lettori che è arrivata la smentita dell’Inps sul caos pensioni e sull’aumento dell’età pensionabile. L’Istituto ha fatto sapere che nel 2025 non sono previsti cambiamenti rispetto ai requisiti per l’uscita dal mondo del lavoro.
L’Italia va verso l’aumento dell’età pensionabile, sia per quanto riguarda la pensione anticipata che per quella di vecchiaia. L’annuncio arriva dalla Cgil, che esprime “profonda preoccupazione”.
Il sindacato, per bocca della segretaria confederale Lara Ghiglione, denuncia la “recente modifica unilaterale dei requisiti pensionistici” messa in atto dall’Inps “senza alcuna comunicazione ufficiale da parte dei ministeri competenti e in totale assenza di trasparenza istituzionale”.
Secondo quanto evidenziato dall’Ufficio politiche previdenziali della Cgil, l’Inps ha aggiornato i criteri di calcolo delle pensioni, introducendo un aumento dei requisiti di accesso.
Tirando le somme, si tratta di un aumento di +1 mese per la pensione anticipata e di +3 mesi per la pensione di vecchiaia.
Pensione anticipata
Per quanto riguarda la pensione anticipata, dal 2027 saranno necessari 43 anni e 1 mese di contributi. Dal 2029, invece, il requisito aumenterà ulteriormente a 43 anni e 3 mesi.
Oggi, e fino al 2026, la pensione anticipata prevede la possibilità di poter lasciare il lavoro a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne, sempre però decorsi 3 mesi dalla maturazione dei requisiti contributivi.
Pensione di vecchiaia
Per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, dal 2027 l’età minima passerà a 67 anni e 3 mesi. E dal 2029 il requisito aumenterà passando a 67 anni e 5 mesi.
Oggi la pensione di vecchiaia può essere richiesta con almeno 20 anni di contribuzione e un requisito anagrafico di 67 anni per il biennio 2025/2026, che cala a 66 anni e 7 mesi in caso di lavori usuranti.
Secondo il meccanismo previsto fino ad oggi, la soglia anagrafica avrebbe dovuto alzarsi di un solo mese a partire dal biennio 2029/2030, per poi procedere progressivamente fino ai 68 anni e 11 mesi del biennio 2049/2050 (con uno sconto di 5 mesi per i lavori gravosi o usuranti).
Cgil contro il Governo
Ghiglione contesta il provvedimento sotto il profilo materiale, dal momento che va ad allungare la vita lavorativa degli italiani, ma anche sotto il profilo formale dal momento che tali modifiche “non trovano alcun riscontro nei documenti ufficiali attualmente vigenti”.
“L’unico riferimento fin qui valido per le stime future”, sottolinea la segretaria, “era rappresentato dal 25° Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato del 2024, che prevedeva infatti per il 2027 nessun incremento e per il 2029 un aumento di solo un mese”.
La Cgil evidenzia come da una parte il governo, con “continui slogan” e “promesse elettorali”, abbia espresso la volontà di mettere in atto una riforma del sistema previdenziale, superando l’impostazione della tanto criticata legge Fornero mentre, dall’altra parte, chiusa la Manovra 2025 si assiste a un peggioramento del quadro previdenziale.
Per abbassare l’età pensionabile, il governo Meloni aveva ipotizzato una Quota 41, seguita poi dalla Quota 41 light per poi orientarsi su Quota 103 e l’anticipo pensionistico a 64 anni, ma solo a fronte di un’importante integrazione con il doppio binario della previdenza complementare.
“Questa decisione – ammonisce la segretaria confederale – avrà conseguenze gravissime aumentando il numero di persone che si troveranno senza tutele, con il rischio di nuovi esodati, come coloro che hanno aderito a piani di isopensione o scivoli di accompagnamento alla pensione”. Per questo motivo, la Cgil chiede “immediati chiarimenti” all’Inps e ai Ministeri competenti.