Addio salame di tofu, hamburger di soia, wurstel di seitan e simili: con 532 voti favorevoli, 78 contrari e 25 astenuti il Parlamento europeo ha approvato a Strasburgo un emendamento destinato a cambiare il modo in cui vengono comunicati e commercializzati i prodotti alimentari a base vegetale.
D’ora in poi, termini come “hamburger”, “bistecca” o “salsiccia” potranno essere usati soltanto per alimenti che contengono effettivamente carne.
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Bruxelles contro i burger vegani
Per i sostituti vegetali si dovranno trovare nuove denominazioni come ad esempio “medaglione di legumi”, “preparato vegetale”, “alternativa proteica” o altre soluzioni neutre.
La decisione, presentata dalla relatrice Céline Imart del Partito Popolare Europeo, è stata sostenuta in particolare dalle lobby agricole e dal settore zootecnico, che da tempo chiedevano di proteggere le denominazioni tradizionalmente legate alla carne. Secondo i promotori, si tratta di una misura di trasparenza per evitare che i consumatori siano indotti in errore da etichette ritenute ambigue.
Le reazioni, tuttavia, non si sono fatte attendere: mentre le organizzazioni agricole come Coldiretti hanno salutato la decisione come una vittoria per la chiarezza e la tutela dei produttori, l’industria del plant-based e i movimenti ambientalisti denunciano una battuta d’arresto per la transizione alimentare e per la libertà d’impresa.
Secondo le associazioni dei produttori vegetali, l’uso di termini “meat sounding” non genera confusione, ma aiuta piuttosto i consumatori a comprendere a quale tipologia di prodotto si avvicina l’alternativa vegetale in termini di gusto, consistenza o modalità di consumo. In pratica, viene sostenuto, il riferimento alla carne non riguarda la composizione dell’alimento, quanto la sua forma e presentazione. A questo proposito, una portavoce della tedesca Rügenwalder Mühle ha dichiarato che i consumatori sanno perfettamente che i prodotti meat sounding, in realtà, non contengono carne. Le denominazioni, piuttosto, sono utili ai consumatori per individuare le tipologie di prodotto.
L’azienda stima che il solo rebranding di circa 60 prodotti possa costare milioni di euro, con un impatto economico pesante e il rischio di perdere fino al 20% dei clienti.
Coldiretti soddisfatta
In Italia, il voto ha spaccato le delegazioni. I parlamentari del Movimento 5 Stelle e diversi membri del Partito Democratico hanno votato contro l’emendamento, considerandolo una misura ideologica che penalizza l’innovazione alimentare.
Al contrario, Coldiretti ha esultato, parlando di un passo avanti per la trasparenza e per la tutela delle filiere zootecniche europee. L’organizzazione contadina sottolinea che la norma fa parte di un pacchetto più ampio, che include anche l’estensione dell’etichetta d’origine a tutti i prodotti alimentari e l’introduzione di contratti scritti obbligatori per garantire prezzi equi agli agricoltori.
Prossimi passi
Il voto del Parlamento non è ancora legge: il testo dovrà ora passare al trilogo, vale a dire il negoziato tra Parlamento europeo, Commissione e Consiglio. Solo un accordo finale potrà rendere effettivo il divieto. E non è escluso che la questione, successivamente, approdi alla Corte di Giustizia dell’Ue, che in passato ha già difeso l’uso di termini “ibridi” come parte del linguaggio comune.
Rimane poi da capire cosa fare con altri prodotti hanno un nome che richiama la carne lavorata, ma che non sono a base vegetale: quale futuro attende il salame di cioccolato?