Il dibattito sulla Manovra tiene banco anche con il capitolo che riguarda il Tfr dei dipendenti pubblici.
L’articolo 44 della Manovra, presentato dal Governo come un intervento pensato per migliorare i tempi di liquidazione, introduce un anticipo di tre mesi sul pagamento della prima rata del Tfr/Tfs in caso di pensionamento per limiti di età o di servizio.
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La Manovra taglia il Tfr dei dipendenti pubblici
Il provvedimento del Governo, nelle intenzioni, va incontro ai lavoratori. Nei fatti, come denuncia la Cgil, rischia di tradursi in una perdita economica per chi lascia il servizio.
Secondo i calcoli del sindacato, il pagamento a 9 mesi anziché a 12 fa venire meno il diritto alla detassazione dell’1,5% che è prevista dalla norma del 2019 per i trattamenti erogati dopo almeno un anno dalla cessazione, che è pari a 750 euro sulla quota fino a 50.000 euro.
Un beneficio fiscale pensato per compensare parzialmente i tempi di attesa molto più lunghi rispetto al settore privato. Con l’anticipo introdotto dalla Manovra, i pensionandi non maturano più il requisito dei 12 mesi, perdendo così lo sconto.
Secondo la relazione tecnica, nel 2027 i pensionamenti di vecchiaia previsti sono 30.122. La somma delle detassazioni cancellate si traduce in un maggior gettito per lo Stato pari a 22,6 milioni di euro, risorse che, argomenta la Cgil, vengono prelevate direttamente dai Tfs/Tfr dei dipendenti pubblici.
La norma di anticipo non tocca i differimenti pluriennali, né la rateizzazione che può arrivare fino a sette anni: 12 mesi di attesa per chi lascia per limiti di età, 24 per chi si dimette volontariamente, più i tempi tra una rata e la successiva. Una disciplina più volte criticata anche dalla Corte Costituzionale, che nella sentenza n. 130/2023 ha invitato a eliminare una “disparità irragionevole” tra pubblico e privato.
L’intervento del Governo non risponde al monito della Consulta e, secondo i sindacati, non solo non risolve il problema, ma aggiunge un ulteriore aggravio.
Inflazione e Tfr/Tfs
Alla mancata detassazione si somma un altro fenomeno critico: la perdita di valore del Tfs/Tfr pubblico per effetto dell’inflazione e dell’assenza di rendimento. Secondo la Cgil le liquidazioni sono state erose in modo consistente:
- circa 18.000 euro per chi ha una retribuzione da 30.000 euro;
- oltre 25.000 euro con una retribuzione da 40.000 euro;
- oltre 41.000 euro per un reddito di 60.000 euro.
Una svalutazione progressiva che si aggiunge alla lentezza dei pagamenti e alla cancellazione dello sconto fiscale.
La Cgil inserisce l’articolo 44 in un contesto più ampio di difficoltà del lavoro pubblico. Negli ultimi contratti del triennio 2022-2024, che Fp Cgil e Flc Cgil non hanno sottoscritto, si registra una perdita salariale media del -10%. Anche sul fronte previdenziale la confederazione denuncia un irrigidimento dei requisiti, l’assenza di vere misure di flessibilità, tagli alle aliquote di rendimento e pensioni più lontane.
L’anticipo dei tre mesi sul Tfs/Tfr viene quindi definito “un’operazione puramente di facciata”: un intervento presentato come un vantaggio ma finanziato, secondo la Cgil, con il taglio occulto del beneficio fiscale introdotto nel 2019.
Cgil verso lo sciopero del 12 dicembre
Per questi motivi la Cgil annuncia la mobilitazione chiedendo una riforma strutturale che ristabilisca equità tra settore pubblico e privato, elimini tempi considerati irragionevoli e restituisca dignità economica a liquidazioni e pensioni. Lo sciopero generale contro la Manovra è fissato per il 12 dicembre 2025.