Come fare la separazione consensuale in Comune

Scopri su QuiFinanza cos'è la separazione consensuale, qual è il percorso da seguire e i suoi costi

Pubblicato: 13 Maggio 2020 16:16Aggiornato: 17 aprile 2024 15:32

Silvia Baldassarre

Avvocato Civilista

Iscritta all'Ordine degli Avvocati di Milano nel 2011 dopo il conseguimento della laurea in Giurisprudenza a pieni voti, ha maturato esperienza professionale in diversi studi civilistici di Milano.

La separazione consensuale è un iter giuridico semplificato, il quale consente ai coniugi e alle persone conviventi di gestire l’allontanamento di comune accordo. Questo strumento è rivolto sia alle coppie con figli che senza, inoltre si può amministrare da soli oppure con l’assistenza obbligatoria di un avvocato in taluni casi. Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla separazione consensuale, dal procedimento ai costi fino a tutte le modalità previste dal Codice Civile.

Cos’è la separazione consensuale

Quando due coniugi decidono di porre fine al loro matrimonio, l’ordinamento italiano mette a disposizione due strumenti:

La separazione giudiziale consiste in un procedimento piuttosto complesso, che può comportare tempi e costi anche abbastanza lunghi, come quelli di un qualsiasi procedimento ordinario. L’azione è intrapresa da uno dei due coniugi tramite un avvocato e da tale impulso ha inizio il procedimento con le successiva udienze. I coniugi si dovranno presentare davanti a un giudice,  poiché non sono in grado di trovare un accordo su uno o più aspetti, patrimoniali e non , legati alla separazione, in modo autonomo.

Al contrario di quanto avviene nella separazione consensuale che è un procedimento molto più semplice e veloce, il quale permette di risolvere pacificamente l’allontanamento.

Questo strumento può essere utilizzato in qualsiasi situazione, anche in presenza di figli oppure di beni la cui proprietà deve essere divisa. Infatti la separazione consensuale comprende gli accordi sull’affidamento dei figli, eventuali assegni di mantenimento da parte di uno dei due coniugi, i diritti sul patrimonio comune e l’assegnazione dell’abitazione di residenza della coppia. Regola insomma, con un comune accordo, tutti gli aspetti, patrimoniali e non, della separazione.

Come fare la separazione consensuale

Nel caso in cui una coppia decida di interrompere la propria vita coniugale iniziando l’iter che potrà portare poi al definitivo scioglimento del vincolo, può iniziare con il percorso della separazione consensuale. In particolare, si tratta di un procedimento giuridico, all’esito del quale pur restando inalterato il vincolo matrimoniale, deriva la cessazione dell’obbligo di coabitazione derivante dal matrimonio. Ne discende che verranno presi dei nuovi accordi riguardanti sia il patrimonio e i beni in comune sia la gestione  e l’affidamento dei figli e le spese a loro legate.

La separazione consensuale può svolgersi con diverse modalità, ad esempio rivolgendosi al Tribunale competente, al Comune di competenza, oppure optando per la negoziazione assistita. Ogni procedimento prevede tempistiche e costi differenti ed inoltre sono presenti delle restrizioni in caso di figli minori; per questo motivo è importante scegliere la soluzione più adeguata in base alle proprie esigenze. Vediamo nel dettaglio come funzionano tutti gli iter previsti nel nostro ordinamento.

Separazione consensuale in tribunale

La separazione consensuale in tribunale è la più frequente, possibile anche senza avvocato ma solo in assenza di figli minori. Il criterio di competenza, a seguito della Riforma Cartabia, è quello della residenza o il domicilio di uno dei coniugi, pertanto il ricorso andrà depositato presso il Tribunale del luogo in cui si trova l’una o l’altro di uno dei due coniugi. In questo modo è possibile dare il via alla procedura di separazione consensuale.

All’interno del ricorso bisogna riportare nel dettaglio tutti i termini dell’accordo consensuale, con una spiegazione accurata di ogni aspetto della decisione presa in maniera congiunta e senza attrito. Nel fascicolo da consegnare presso il tribunale è essenziale inserire una serie di documenti, per comprovare ogni condizione esistente tra i coniugi, come l’estratto per sunto dell’atto di matrimonio, lo stato di famiglia, i certificati di residenza, l’atto di proprietà della casa, i documenti di nascita dei figli le dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni. A seguito della Riforma Cartabia il giudice potrà richiedere sempre la documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e mobili registrati e quote sociali e gli estratti conto dei rapporti sociali e finanziari degli ultimi tre anni.

In seguito al deposito del Ricorso in passato veniva fissata l’udienza presidenziale, ove i coniugi dovevano comparire;  il giudice ne tentava la riconciliazione e dopo tale proposta formale si proseguiva con la redazione del verbale. La Riforma Cartabia ha introdotto una novità anche in questa fase poiché l’udienza presidenziale non è più obbligatoria e potrà essere sostituita dal deposito di note scritte da parte degli avvocati. Tuttavia dovrà essere dichiarato esplicitamente nel ricorso depositato tale volontà di non volere l’udienza presidenziale che altrimenti verrà fissata con l’obbligo dei coniugi di presentarsi. Conclusa questa fase verrà emesso, dopo circa 45 giorni, il decreto di omologazione, il certificato ufficiale che rende valida la separazione e consente di procedere con il divorzio dopo un periodo minimo di 6 mesi che decorrono dalla comparsa dei coniugi dinanzi il Presidente del tribunale.

Separazione consensuale in Comune

I coniugi in assenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti – possono concludere la separazione consensuale anche innanzi all’ufficiale dello stato civile, del comune di residenza di uno di loro o del comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio, con l’assistenza facoltativa di un avvocato (art. 12, dl 132 del 2014, convertito in L. 162 del 2014). Anche in questo caso si tratta di una possibilità ammessa soltanto in presenza di un accordo comune tra le due parti.

Rispettando tali limitazioni, è possibile intraprendere una separazione consensuale senza avvocati, tutela che rimane facoltativa, con la possibilità di risparmiare sui costi delle parcelle dei legali. La procedura richiede la presenza davanti al Sindaco del Comune di residenza, fornendo un documento d’identità e un’autocertificazione della residenza e del matrimonio.

Alcuni Comuni possono prevedere dei procedimenti leggermente diversi, perciò è opportuno informarsi prima di cominciare l’iter. Ad esempio, potrebbe essere richiesto un incontro preliminare, oppure la prenotazione dell’incontro tramite contatto telefonico. Lo svolgimento avviene in due fasi, una prima seduta in cui viene realizzato l’atto di separazione e un secondo incontro per la conferma, con una durata complessiva di circa 30 giorni.

E’ bene comunque informarsi presso il Comune di competenza perché la materia viene costantemente aggiornata e ogni Comune ha dei margini di autonomia nella gestione.

Separazione consensuale con negoziazione assistita

Un’alternativa per la separazione consensuale è il procedimento di negoziazione assistita, un metodo per la risoluzione stragiudiziale dell’allontanamento dei coniugi. Si tratta di una forma conciliativa, un procedimento che richiede la convalida dell’accordo dai rispettivi avvocati delle controparti, affinché il documento redatto acquisisca una validità giuridica.

Questa procedura di separazione breve è abbastanza semplice e veloce, sebbene comporti il pagamento delle parcelle dei rispettivi legali. La durata dipende dal numero di incontri necessari al raggiungimento dell’accordo, dunque è possibile che l’iter si concluda rapidamente in pochi giorni, oppure che sia necessario un tempo più lungo, arrivando fino a un massimo di alcuni mesi nei casi più complessi.

La modalità della separazione consensuale con la negoziazione assistita non presenta particolari restrizioni, infatti è possibile procedere anche in presenza di figli minori, oppure di maggiore età ma con handicap, incapacità o non autosufficienti. In tal caso, però, è indispensabile ricevere il benestare del Pubblico Ministero, quindi è uno strumento equiparabile alla separazione in tribunale.

Quanto costa la separazione consensuale

costi della separazione consensuale sono piuttosto contenuti, soprattutto se paragonati alle spese da sostenere in caso di procedimento giudiziale. Per questo motivo è sempre utile cercare una conciliazione amichevole, nonostante in alcune situazioni ciò possa essere complicato. Oltre a un maggiore benessere psicologico delle controparti e dei figli, infatti, è possibile evitare di pagare un prezzo elevato per mettere fine al rapporto di coppia.

La modalità più economica per la separazione consensuale è quella realizzata in Comune, opzione che prevede una commissione di 16 euro e la possibilità di non avvalersi degli avvocati. In questo caso l’assistenza di un legale è facoltativa, tuttavia qualora si desiderasse essere supportati da un avvocato bisogna considerare un onorario di circa 300 euro per ogni coniuge.

Con la negoziazione assistita, invece, è necessario pagare necessariamente le parcelle dei legali, con una spesa che parte da un minimo di 1.000 euro, oltre le spese generali e gli oneri accessori, in base al luogo di residenza e alle tariffe degli avvocati. Se non è necessaria una trattativa, perché esiste già un accordo tra i coniugi, il costo della negoziazione assistita è più basso con una spesa di circa 800-1.000 euro, altrimenti l’importo sale in base alla durata della trattativa.

Le coppie che scelgono di recarsi in tribunale senza l’assistenza del difensore devono solo versare il contributo unificato, un’imposta fissa pari a 43 euro in caso di separazione consensuale. Quando tuttavia è necessaria la difesa dell’avvocato, in presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti o con disabilità, bisogna aggiungere la parcella del legale che varia in base alla durata per giungere all’accordo di separazione e naturalmente all’entità del patrimonio e complessità delle situazioni patrimoniali da gestire.

Tempi separazione consensuale e divorzio

In Italia non è possibile procedere con il divorzio diretto, infatti per sciogliere un legame ufficiale contratto tramite matrimonio civile è indispensabile procedere prima di tutto con la separazione consensuale o giudiziale. La legge sul divorzio breve prevede una durata minima di 6 o 12 mesi, tempo che deve trascorrere tra la realizzazione della separazione e l’avvio delle procedure per divorzio definitivo.

Rispetto all’iter giudiziale, la separazione consensuale è una procedura abbastanza rapida, infatti in alcune circostanze è possibile giungervi in poche settimane, arrivando al massimo ad alcuni mesi per le trattative più complesse. Le tempistiche dipendono dalla disponibilità del tribunale di riferimento, del Sindaco se ci si affida al Comune, oppure dei legali e dal raggiungimento di un accordo per la negoziazione assistita.

Separazione consensuale senza avvocato

In alcuni casi, quando la sospensione del rapporto di coppia avviene di comune accordo, è possibile procedere con la separazione consensuale senza avvocato, un modo semplice ed economico per concludere questa situazione rapidamente. Tale modalità è consentita in Comune o il Tribunale di competenza, purché in assenza di:

I documenti per la separazione consensuale

Indifferentemente dal tipo di procedimento scelto, per procedere con la separazione consensuale è necessario presentare una serie di documenti. In particolare, bisogna fornire l’estratto per sunto dell’atto di matrimonio, compresa una copia del documento d’identità e del codice fiscale di entrambi i coniugi. Inoltre, è indispensabile produrre il certificato di residenza, lo stato di famiglia e la dichiarazione dei redditi relativi agli ultimi 3 anni, documenti che devono essere forniti dalle due controparti.

Separazione consensuale: figli e abitazione

Quando si sceglie la separazione consensuale significa che esiste un accordo tra i coniugi, una situazione che prevede una decisione pacifica, con l’accordo sull’affidamento e la gestione dei figli e dell’abitazione che era della famiglia. La gestione dei figli è senza dubbio l’aspetto più importante, spesso al centro delle controversie che portano le parti a intraprendere un lungo e complesso procedimento giudiziale.

In queste situazioni è fondamentale arrivare a un accordo tenendo conto dell’interesse dei figli, poiché tale condizione verrà valutata e verificata in Tribunale o in Comune. I ragazzi, minorenni o maggiorenni, devono essere coinvolti nella decisione e bisognerà tener conto del minor impatto sulle loro vite. Dopodiché l’opzione migliore è l’affidamento congiunto, oppure qualora ciò non sia possibile, l’affidamento a uno dei due genitori, ripartendo tuttavia il tempo libero, quanto più possibile, in modo equo tra i due genitori.

L’immobile di residenza di solito viene assegnato al genitore che si fa carico dei figli e con cui sono collocati principalmente, quindi alla persona che passerà la maggior parte del tempo dedicandosi alla loro custodia, una soluzione volta a tutelare il loro benessere. In assenza di figli, invece, la casa coniugale è del legittimo proprietario, perciò in regime di comunione dei beni o se c’è comunque la comproprietà sarà necessario vendere l’abitazione e dividerne il ricavato, altrimenti un coniuge potrà decidere di rimanere nell’immobile e liquidare il 50% del valore alla controparte divenendo così l’esclusivo proprietario.

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