Il governo ha messo nel mirino l’evasione fiscale e vuole tagliare il peso delle imposte, senza fare sconti ai furbetti. La strategia ruota attorno a tre assi principali: rimodulazione delle aliquote, incentivi per chi sceglie la trasparenza e strumenti per rendere il paese più appetibile agli investitori esteri. La vera partita sul taglio delle tasse si gioca però a fine marzo, quando la commissione tecnica tirerà le somme sui debiti fiscali accumulati, una montagna da 1.275 miliardi di euro. Intanto, i primi effetti delle nuove misure si fanno sentire, con una riduzione del 19% dei contenziosi fiscali e picchi del 50% in alcune aree del Sud.
La determinazione contro l’evasione fiscale e le nuove misure di controllo preventivo
Il governo ha dichiarato guerra all’evasione fiscale, una voragine da 80 a 100 miliardi di euro che ogni anno drena risorse pubbliche. Durante la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario tributario 2025, il viceministro Maurizio Leo ha messo sul tavolo le due direttrici principali della strategia fiscale: riduzione della pressione fiscale e semplificazione amministrativa. L’ultima riforma ha snellito le aliquote, passate da quattro a tre, e reso strutturale il taglio del cuneo fiscale. Non si tratta solo di alleggerire il carico per chi paga, ma anche di rendere l’Italia più appetibile agli investitori esteri, con regole meno contorte e una burocrazia meno ostile.
Il fisco sta giocando d’anticipo, e i numeri lo dimostrano: meno burocrazia, meno liti in tribunale e più collaborazione. Nei primi due mesi del 2025, il numero dei contenziosi fiscali si è ridotto del 19% rispetto all’anno precedente, con picchi del 50% al Sud. Il viceministro dell’Economia ha sottolineato che il concordato preventivo biennale e la cooperative compliance stanno ingranando, trasformando il rapporto tra Stato e cittadini da braccio di ferro a partita negoziata.
Il nodo dei crediti fiscali non riscossi
Tra le grane più ingombranti per il fisco c’è il macigno dei crediti fiscali non riscossi: 1.275 miliardi di euro che pesano come un elefante nella stanza. La commissione tecnica del Ministero dell’Economia sta passando al setaccio questo magazzino polveroso per stabilire cosa buttare, cosa recuperare e cosa infilare in un ennesimo programma di rottamazione. Il nodo più intricato è che tre quarti di questa montagna di debiti sono spiccioli sotto i mille euro, spesso appartenenti a contribuenti ormai defunti o aziende fallite, rendendo il recupero una sfida ai limiti dell’utopia.
Il possibile intervento sull’Irpef
Il taglio dell’Irpef per chi guadagna tra 50 e 60 mila euro è in bilico e tutto dipende dalla cassa. I soldi potrebbero arrivare dal concordato preventivo biennale, che ha fruttato 1,6 miliardi di euro a dicembre, e dal ravvedimento speciale che scade il 31 marzo.
Ma il governo sta facendo i conti con il pallottoliere per capire se il piatto è abbastanza ricco. Solo dopo un’analisi delle entrate fiscali e delle risorse disponibili si capirà se questo sconto fiscale vedrà la luce o resterà una promessa nel cassetto.