Al via Davos, rapporto Oxfam: i 5 più ricchi raddoppiano il loro patrimonio. Il 99% dei poveri resta povero

I 5 uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato le proprie fortune, mentre la ricchezza complessiva di quasi 5 miliardi di persone più povere non ha mostrato alcuna crescita

Pubblicato: 15 Gennaio 2024 10:18

Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Dal 2020, i patrimoni dei cinque individui più ricchi al mondo, ovvero Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Warren Buffett, hanno registrato una crescita di oltre il 100%, passando da 405 a 869 miliardi di dollari in termini reali. Tale aumento si è verificato ad un ritmo straordinario di 14 milioni di dollari all’ora. Nel medesimo periodo, la ricchezza totale delle circa 5 miliardi di persone più povere non ha manifestato alcun incremento, come rivelato dal nuovo rapporto sulle disuguaglianze pubblicato da Oxfam in occasione dell’apertura del World Economic Forum a Davos, in Svizzera.

L’aumento delle ricchezze

Il contrasto tra l’incremento poderoso delle fortune estreme e la persistente stagnazione della povertà globale ai livelli pre-pandemici è evidente. Attualmente, i miliardari godono di una ricchezza cumulativa superiore di 3.300 miliardi di dollari rispetto al 2020, e i loro patrimoni crescono a un ritmo tre volte più veloce del tasso di inflazione.

Tra le cinquanta multinazionali più grandi al mondo, con un valore di mercato complessivo pari a 13.300 miliardi di dollari, ben 17 di esse sono gestite o hanno tra gli azionisti principali un individuo miliardario. Nel dettaglio, sette delle prime dieci multinazionali a livello globale, con un valore di mercato in Borsa di 10.200 miliardi di dollari, presentano un Ceo miliardario o un miliardario tra i principali azionisti, in grado di esercitare un’influenza significativa sulla composizione del consiglio di amministrazione e sulla nomina del Ceo della società attraverso il proprio voto.

In arrivo il primo trilionario

Se la tendenza di crescita della ricchezza dei cinque individui più ricchi dovesse persistere al ritmo osservato negli ultimi cinque anni, nel giro di un decennio assisteremmo all’emergere del primo trilionario nella storia dell’umanità. Tuttavia, considerando gli attuali andamenti, sarebbero necessari più di due secoli, equivalenti a 230 anni, per ridurre l’incidenza della povertà globale al di sotto dell’1%.

L’aumento dei patrimoni dei miliardari è in linea con le straordinarie performance delle società da loro controllate. Il 2023, in particolare, è destinato a essere ricordato come “l’anno più redditizio di sempre”, come sottolineato nel rapporto Oxfam. Complessivamente, 148 delle più grandi aziende a livello mondiale hanno generato profitti pari a circa 1.800 miliardi di dollari nel periodo tra giugno 2022 e giugno 2023, registrando un aumento del 52,5% rispetto alla media dei profitti nel quadriennio 2018-2021.

Come sono diventati più ricchi

Il costante allargamento della forbice delle disuguaglianze e la sua estrema concentrazione di ricchezza hanno radici nelle performance delle aziende di cui i più ricchi sono azionisti, sostenute da un potere monopolistico apparentemente inarrestabile. Un esempio evidente è rappresentato da Apple, la cui capitalizzazione di mercato supera addirittura il PIL della Francia. Inoltre, i cinque maggiori gruppi globali hanno un valore di mercato superiore a quello di tutte le economie dell’Africa, dell’America Latina e dei Caraibi messe insieme.

Questa concentrazione di potere consente a certi settori di “coordinarsi implicitamente per aumentare i prezzi e determinare un incremento dei propri margini”, come sottolinea Oxfam. Inoltre, il peso significativo dei capitali gestiti da società di private equity e dai principali fondi di investimento come BlackRock, State Street e Vanguard, che controllano complessivamente 20.000 miliardi di dollari di asset, contribuisce ulteriormente a questa dinamica.

Con le premesse esposte, la crisi pandemica seguita dalla maxi inflazione si è rivelata una vera manna per le grandi corporation. Nel periodo tra il 2021 e il 2022, hanno sperimentato un notevole aumento dei profitti, pari all’89%. I primi dati disponibili per il 2023 fanno presagire che quest’anno si rivelerà come il più redditizio di sempre.

Tra luglio 2022 e giugno 2023, per esempio, 14 compagnie del settore oil&gas hanno registrato un incremento degli utili del 278% rispetto alla media del periodo 2018-2021, totalizzando 144 miliardi di dollari di extraprofitti nel 2023 e 190 miliardi nel 2023. Nel comparto finanziario, ventidue società hanno visto i loro profitti salire del 32% rispetto alla media del quadriennio precedente. Un aumento simile si è verificato anche per undici aziende farmaceutiche, le quali hanno riportato profitti in eccesso per 41,3 miliardi di dollari nel 2022.

Nel medesimo periodo, ogni 100 dollari di profitto generati da 96 delle imprese più grandi al mondo si sono convertiti in 82 dollari distribuiti attraverso dividendi o buyback azionari. Questo spiega il progressivo arricchimento degli individui super ricchi, che detengono principalmente titoli finanziari. Nel 2022, il 75% della ricchezza dei primi 50 miliardari degli Stati Uniti consisteva in azioni delle loro società, con Buffet che raggiungeva il 99% e Mark Zuckerberg il 95%.

Sette delle dieci più grandi multinazionali, con un valore di Borsa superiore a 10.000 miliardi di dollari, avevano un amministratore delegato miliardario o un miliardario tra gli azionisti di riferimento. Anche per i grandi manager non c’è stata crisi: i CEO delle 350 maggiori imprese negli Stati Uniti hanno visto la propria retribuzione aumentare in media del 1200% tra il 1978 e il 2022, in linea con la finanziarizzazione dell’economia. È evidente che la dinamica dei salari dei dipendenti non è stata neanche lontanamente comparabile.

Poche aziende si impegnano a garantire un salario dignitoso

Nonostante i risultati economici positivi, l’analisi condotta da Oxfam sui dati della World Benchmarking Alliance, relativi a 1.600 delle più grandi aziende del mondo, rivela che solo lo 0,4% di esse si è pubblicamente impegnato a garantire ai propri lavoratori un salario dignitoso e a promuovere tale impegno lungo le proprie catene di valore. Questa mancanza di impegno è particolarmente evidente in numerosi casi che coinvolgono le donne: ad esempio, secondo il Rapporto, una lavoratrice nel settore socio-sanitario impiegherebbe 1.200 anni per raggiungere la retribuzione annua media di un amministratore delegato tra le prime 100 aziende della lista “Fortune”.

Durante la fase più critica della crisi inflattiva, le imprese sono riuscite a preservare i propri margini di profitto, ma ampi settori della forza lavoro hanno subito una diminuzione del potere d’acquisto. Per quasi 800 milioni di lavoratori impiegati in 52 Paesi, i salari non sono stati in grado di tenere il passo con l’inflazione. Nel biennio 2021-2022, il totale dei salari ha registrato una diminuzione in termini reali di 1.500 miliardi di dollari, equivalente a quasi un intero stipendio mensile (calcolato su 25 giorni) per ciascun lavoratore.

Nell’analisi sulle disparità economiche, Oxfam evidenzia come nel 2020 la disuguaglianza internazionale dei redditi abbia registrato il più alto incremento su base annua dal 1990. Questo aumento è stato principalmente determinato dalla dinamica reddituale nei Paesi più poveri, i quali hanno subito impatti più severi dalla pandemia rispetto alle economie avanzate. La ricchezza globale rimane fortemente concentrata nel Nord del mondo, dove risiede solamente il 21% della popolazione mondiale, ma detiene il 69% della ricchezza netta privata. Si evidenzia anche un divario di genere significativo, con gli uomini che possiedono una ricchezza superiore di 105.000 miliardi di dollari rispetto a quella delle donne.

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