La Legge di Bilancio 2019 ha introdotto il blocco dell’indicizzazione delle pensioni, che insieme ai diversi interventi compiuti nei sette anni precedenti, costa “almeno una mensilità netta ogni anno”.
Lo dice il sindacato Uil: la mancata rivalutazione infatti ammonterebbe, per il periodo tra il 2011 e il 2019, a 79 euro al mese, all’interno di una pensione di 1.500 euro lordi. Spalmati su 12 mesi, diventano mille euro ogni anno, una perdita pari quasi ad una mensilità, circa il 5,32% del trattamento pensionistico. Se poi si tiene conto anche del blocco per il 2019 stabilito dal Governo, agli ex lavoratori costerà 94,62 euro ogni mese, corrispondente a 1.230 euro all’anno.
Cos’è l’indicizzazione della pensione
La “perequazione delle pensioni” o indicizzazione rappresenta un meccanismo fondamentale che consente di rivalutare gli importi dei trattamenti pensionistici, previdenziali ed assistenziali, in base all’inflazione, al fine di adeguarli al costo della vita rilevato dall’ISTAT. Si tratta non di un privilegio concesso ma di un diritto dei pensionati, sancito anche dalla Costituzione, volto a garantire nel tempo l’adeguatezza degli assegni pensionistici e a fornire mezzi adeguati per le loro necessità di vita (art. 38).
L’obiettivo principale della perequazione è assicurare l’efficacia della tutela pensionistica nel tempo e prevenire una diminuzione del valore delle pensioni rispetto al momento della loro liquidazione originaria, tenendo conto delle variazioni dei prezzi dovute all’inflazione. Negli anni passati, sono stati introdotti vari metodi per mettere in atto la perequazione delle pensioni, principalmente con l’obiettivo di limitare la spesa pubblica.
La rivalutazione delle pensioni si applica a tutte le prestazioni pensionistiche fornite dalla previdenza pubblica. Sono inclusi, quindi, anche i trattamenti del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD), le gestioni dei lavoratori autonomi e altre forme di gestione sostitutiva, esonerativa, esclusiva, integrativa ed aggiuntiva. Questo processo coinvolge anche le pensioni dirette e quelle per i superstiti, come le pensioni di reversibilità e indirette, oltre alle prestazioni assistenziali come le pensioni sociali e gli assegni sociali.
Il parametro utilizzato per la rivalutazione è l’indice dei prezzi al consumo, specificamente l’indice FOI (Famiglie di Operai e Impiegati) al netto dei tabacchi, pubblicato mensilmente dall’ISTAT. La rivalutazione avviene annualmente, con effetto dal 1° gennaio di ogni anno. Nel mese di novembre, il Ministero dell’Economia emana un decreto che stabilisce sia l’indice definitivo per l’anno in corso sia l’indice provvisorio per l’anno successivo.
Il blocco dell’indicizzazione della pensione
In merito al blocco dell’indicizzazione delle pensione, il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, ha spiegato che si tratta di una misura molto ingiusta. Stando ai dati, infatti, un pensionato, che percepiva 1.900 euro lordi al mese nel 2011, ha subito una perdita del 6,12% a 1.511 euro lordi, pari ad una mensilità netta in meno ogni anno. Più sale la pensione, più il costo è maggiore: per un trattamento di 4 mila euro lordi al mese, la perdita sarà del 12,88% della pensione, circa 6.500 euro lordi e 2,5 mensilità nette in meno ogni anno. Il trend insomma non sembra cambiare, ma risulta in continuo aumento.
In seguito all’approvazione della Legge di Bilancio da parte del Senato, intanto, il sindacato è pronto a dare battaglia. La Uil ricorda che a partire dal 2011 sono stati due interventi e una proroga ad aver bloccato l’indicizzazione delle pensioni: le modifiche sono andate ad agire in modo temporaneo sulla normativa, che prevede l’annuale rivalutazione delle pensioni in relazione all’aumento dell’inflazione. Ora la Manovra, che attende di superare l’ultimo step di approvazione alla Camera, prevede di attuare un nuovo blocco triennale fino al 2021. Per il segretario Proietti si tratterebbe di un prelievo al quale si dovrà in tempi brevi porre fine. La battaglia del sindacato per riportare in attività l’indicizzazione delle pensioni è quindi iniziata e annunciata dalla Uil, pronta ad arrivare ai ricorsi per chiedere “un recupero del montante perso in questi anni”.