“È un completo disastro, una vergogna quello che è accaduto”. Queste le dure parole di Felix Hufeld, presidente della BaFin, ovvero l’autorità federale di vigilanza finanziaria tedesca. Parole pronunciate durante una conferenza Francoforte, in riferimento al caso Wirecard. Il presidente ha aggiunto che “non siamo stati abbastanza efficaci da impedire che succedesse una cosa del genere: siamo nel mezzo della situazione più orribile che abbia mai visto una società del Dax“. Ma cosa è successo, nel dettaglio?
Wirecard, di cosa si occupa
Wirecard è una società tedesca fondata nel 1999 e ha la sua sede ad Aschheim, vicino a Monaco di Baviera. Inizialmente si occupava di transazioni per l’industria del porno e dei giochi online. Oggi, invece, garantisce pagamenti per transazioni effettuate online da società (compagnie aeree comprese), incassando nel processo un premio per il rischio. Sia che i consumatori paghino tramite smartphone, sia con carta di credito o PayPal, Wirecard è dietro le quinte per assicurare aziende e commercianti che saranno pagati.
La societa tedesca sostiene di avere oltre 300 mila aziende come clienti in tutto il mondo e accordi stipulati con i giganti cinesi dei pagamenti su mobile Alipay e WeChat, dopo quelli con Apple e Google che hanno aperto immense prospettive nel settore della vendita al dettaglio.
L’esplosione di Wirecard è arrivata contemporaneamente al declino delle banche tradizionali, tra cui Deutsche Bank. All’inizio del 2019, ha mostrato una capitalizzazione di mercato di 17 miliardi di euro, paragonabile proprio a quella di Deutsche Bank ma con un numero di dipendenti e fatturato 15 volte inferiore. Nello stesso anno, però, la stampa ha iniziato a interessarsi del fenomeno: il Financial Times ha ipotizzato sospette pratiche illecite in Asia.
Perché se ne parla: un buco da quasi 2 miliardi
Dopo quelle accuse si è scatenata una valanga che ha travolto la Wirecard. Il 19 giugno Markus Braun, il Ceo, si è dimesso. Il motivo? L’esplosione dello scandalo quando, nella società quotata nella borsa tedesca, si è scoperto un ammanco di 1,9 miliardi di euro. Questa cifra, che si pensava fosse custodita in due istituti bancari delle Filippine, in realtà non esiste. Lo conferma il cda di Wirecard, finita nella bufera per una colossale frode contabile, attraverso una nota. In sostanza, la società esibiva nei bilanci una presunta montagna di liquidità. Un bluff.
Da molti la vicenda Wirecard è stata paragonata a quella della Parmalat in Italia. Il titolo, in Borsa, è ovviamente precipitato: dall’esplosione del caso sono stati bruciati 11 miliardi. In meno di una settimana il titolo è passato da 100 a meno di 15 euro.
Il mea culpa tardivo di Felix Hufeld e il futuro della società
Le parole di Felix Hufeld sanno (anche) di mea culpa. Un mea culpa, però, tardivo. Un anno fa, infatti, il presidente della BaFin aveva denunciato due giornalisti del Financial Times, rei di aver messo in dubbio alcune pratiche contabili della Wirecard.
Il destino della società? Incerto. Ci sono circa 15 banche con cui ha in essere prestiti per circa 2 miliardi, che hanno titolo per chiedere la restituzione del denaro e pretendere chiarezza per negoziare l’estensione dei prestiti. Una di loro, la Bank of China, secondo Bloomberg starebbe valutando di farsi restituire i suoi 80 milioni.