Il 26 ottobre è stata fissata una riunione straordinaria dei ministri dell’Energia dell’Unione europea per affrontare il carobollette. Secondo Roberto Cingolani, il ministro della Transizione ecologica del governo Draghi, ci saranno ulteriori aumenti del gas a causa degli aumenti delle materie prime e al nervosismo del mercato. Ma i rincari non riguardano solamente le bollette: secondo i dati dell’Istat, infatti, sarebbero aumentati anche quelli relativi ai servizi ricreativi, culturali, per la cura della persona, ma soprattutto quelli inerenti gli alimenti e la benzina.
Aumenti dei prezzi: quali sono le città (e le regioni) più care d’Italia
L’Unione nazionale consumatori ha stilato una classifica delle città con l’inflazione più alta. Al primo posto Genova, a pari merito con Catania, con un +3,6% (la spesa aggiuntiva annua per una famiglia di 4 individui sale a 1.399 euro). Sul secondo gradino del podio c’è Bolzano (+2,8% e +1.257 euro), seguita da Reggio Emilia (+3,2%, ma spesa aggiuntiva generata pari 1.196 euro annui). La classifica letta al contrario fotografa invece i comuni più virtuosi: al primo posto Ancona (+1,8%, +544 euro), quindi Napoli (+2,3%, + 656 euro) e infine Cagliari (+2,6%, + 680 euro). Dal punto di vista delle regioni più care, invece, al primo posto troviamo il Trentino (+2,9%, +1.126 euro), quindi la Liguria (inflazione al 3%, +1.110 euro) e la Valle d’Aosta (+2,6%, +1.092 euro).
Non solo bollette, gli aumenti dei prezzi da qui a Natale: rischio stangata
L’aumento della benzina e l’aumento dei beni alimentari sono strettamente collegati. Il costo del cibo è salito dell’1% a settembre e, secondo Coldiretti, il motivo risiede nel fatto che l’85% delle merci, in Italia, viaggia su strada. Inoltre, sull’inflazione che ha investito i trasporti e il settore alimentare hanno pesato anche le proteste dei ‘No Green pass’. Coldiretti ha spiegato infatti che costi della logistica incidono fino al 35% sul prezzo dei prodotti freschi per frutta e verdura. Il caro carburanti, comunque, non tocca solamente i camion che viaggiano: comporta infatti maggiori costi per i serbatoi dei veicoli agricoli che lavorano nei campi, ma anche per il riscaldamento di serre e stalle.
L’aumento dei prezzi è stato poi rinforzato anche dalla crescita dei prezzi delle materie prime, su tutti oli vegetali, zucchero e cereali (+32,8% rispetto a settembre 2020, con i grassi vegetali balzati addirittura al +60%). Il riscontro principale si ha con il pane. Secondo Assopanificatori, infatti, l’aumento dei prezzi del burro (+30%), oli di semi (+50%) e semola di grano duro (+70%) colpisce in maniera forte chi si reca in panetteria: se un chilo di grano tenero costa 26 centesimi, un chilo di pane costa mediamente 3,1 euro (a Milano si arriva addirittura a 4,2 euro, a Roma invece 2,63 euro. Dati Coldiretti).
Sul tema è intervenuto anche il Codacons, che teme una possibile stangata a Natale, con tanto di rincari per quel che riguarda panettoni e pandori, immancabili sulle tavole degli italiani nei giorni di festa. Il presidente dell’associazione, Carlo Rienzi, ha dichiarato che il mercato dei dolci natalizi vale circa 707 milioni di euro annui per quasi 100 mila tonnellate di panettoni e pandori prodotti e, in caso di aumenti dei listini del 20% come annunciato dalle associazioni di categoria, determinerebbe (a parità di consumi) un maggior esborso in capo alle famiglie per circa 140 milioni di euro solo per l’acquisto di pandoro e panettone.