Lo stipendio dei neolaureati è solo 14esimo in Europa, prima di noi anche la Slovenia

I laureati italiani guadagnano poco rispetto ai colleghi di altri Paesi come Danimarca, Germania e Francia

La vita del neolaureato è dura, si sa. In Italia le Università sono ancora poco collegate con il mondo del lavoro, i giovani che escono dagli Atenei devono affrontare un periodo complesso di ricerca e di gavetta. Ma a penalizzare ancor più la loro situazione c’è il fatto che gli stipendi iniziali sono relativamente bassi rispetto a molti colleghi europei.

A certificarlo è la classifica stilata nell’ultimo “Starting Salaries Report” della società di consulenza Willis Towers Watson, che ha condotto un’indagine su 5.856 organizzazioni operanti in 31 Paesi. Se prendiamo in considerazione i 23 Paesi europei analizzati, l’Italia risulta al 14esimo posto, preceduta anche dalla Slovenia. I neolaurati che guadagnano di più sono gli svizzeri, per i quali lo stipendio iniziale si aggira intorno ai 73 mila euro (ma bisogna precisare che le cifre in classifica non sono rapportate al costo della vita). Seguono i giovani di Danimarca (59 mila euro), Norvegia (quasi 52 mila euro) e Germania (49 mila euro).

A quanto può ambire un giovane laureato in Italia? Lo stipendio d’ingresso nel mondo del lavoro è di circa 28.800 euro, inferiore non solo ai Paesi menzionati in precedenza (a cui aggiungiamo la Francia con 36 mila euro), ma anche a nazioni che non ci saremmo aspettati come la Slovenia, dove la retribuzione è di circa 32 mila euro. Al di sotto del nostro Paese, invece, si posiziona di poco la Spagna, con 28.300 euro, seguita dal Portogallo (20.900 euro).

Le disparità riguardano anche il progresso salariale a cui possono ambire i giovani che escono dagli Atenei rispetto ai diplomati. In Italia la laurea vale un incremento salariale del 12%, mentre il titolo del dottorato solo il 13%. Se si pensa che in Germania i laureati guadagnano il 23% in più dei diplomati, e in Francia chi consegue il dottorato arriva a percepire anche il 43% in più di un laureato, si capisce come nel nostro Paese siamo rimasti indietro. In primis, dal punto di vista dell’incentivo allo studio e della capacità di trattenere cervelli.

Lo ha sottolineato anche Rodolfo Monni, responsabile indagini retributive di Willis Towers Watson Italia: “La laurea in Italia non garantisce un primo stipendio sostanzialmente superiore a quello offerto da un diploma – ha commentato – Anche le prospettive di crescita a breve termine non sono incoraggianti. Dopo due anni di lavoro, un laureato italiano vede aumentare la sua retribuzione fissa di circa il 10%, rispetto al 22% di Francia e Germania e al 25% di Spagna e Regno Unito: una progressione che un neolaureato italiano riesce a raggiungere dopo 4 o 5 anni dall’ingresso nel mondo del lavoro”.