Le famiglie italiane sono allo stremo. Le casse pubbliche sono anch’esse allo stremo. Ma dalle casse pubbliche escono ogni anno oltre sei miliardi di euro che finiscono nei forzieri della Chiesa cattolica. La Uaar (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti ndr, al sito www.uaar.it) ha provato a fare i conti in tasca, tra finanziamenti ed esenzioni, alla Chiesa cattolica, dati ripresi dal blog Il Guastatore.
POLITICA BIPARTISAN – Se 6 miliardi l’anno rappresentano già di per sé una cifra assolutamente ingiustificata, il dato appare ancora più assurdo in presenza di una crisi che dura da più di sei anni. In tale periodo si sono succeduti quattro governi che hanno aumentato la tassazione e hanno tagliato con la scure la spesa pubblica, ma che si sono guardati bene dall’intervenire laddove il beneficio è per la Chiesa romana.
NUMERI OSCURI – L’Uaar parte dall’assunto che le religioni (tutte) dovrebbero essere sostenute da chi le professa. Ciò non accade, quantomeno in Italia, grazie a un numero considerevole di leggi e normative emanate in favore delle comunità di fede. Nessuno è al corrente dell’entità dei fondi pubblici e delle esenzioni di cui, annualmente, beneficia la religione che ne gode incomparabilmente più delle altre, la Chiesa cattolica nelle sue articolazioni (Santa Sede, Cei, ordini e movimenti religiosi, associazionismo, eccetera). Non la rendono nota né la Conferenza Episcopale Italiana, né lo Stato. È per questo motivo che l’Uaar ha deciso di dar vita alla piattaforma ‘I costi della Chiesa’: l’obiettivo è di presentare una stima di massima che sia la più attendibile e accurata possibile, citando estesamente le fonti e utilizzando metodologie trasparenti.
Il compito non è per nulla facile, perché la cifra reale e precisa è quasi sicuramente ignota sia allo Stato, sia alla Chiesa. Occorrerebbe infatti esaminare, delibera per delibera, capitolo di spesa per capitolo di spesa, il bilancio dello Stato e quelli di tutte le Regioni, le Province, i Comuni, gli enti pubblici, le società a partecipazione pubblica. Occorrerebbe inoltre disporre di tutti i bilanci delle diocesi, delle parrocchie, degli enti ecclesiastici, delle associazioni cattoliche. Un’impresa impossibile per chiunque.
METODOLOGIA – Impresa ostica anche per l’Uaar, ovviamente. Anche perché non dispone certo di somme ragguardevoli da investire nell’inchiesta. Ciononostante, l’Unione ha ritenuto che fosse possibile, con ragionevole approssimazione, cercare di quantificare la cifra. Altri ci hanno provato nel recente passato: Piergiorgio Odifreddi (Perché non possiamo essere cristiani, 2007) l’ha stimata in 9 miliardi di euro l’anno, Curzio Maltese (La questua, 2008) in 4,5 miliardi, l’Ares (La casta dei casti, 2008) in 20 miliardi. Da parte sua, il mondo cattolico fa quasi sempre riferimento alla replica al libro di Maltese, intitolata La vera questua, scritta dal giornalista di Avvenire Umberto Folena e liberamente scaricabile online, la quale non contiene però alcun totale.
A differenza dei precedenti sforzi, ‘I costi della Chiesa’ rappresenta il tentativo da parte dell’Uaar di raggiungere lo stesso obbiettivo in modo approfondito, attendibile e dinamico. Perché di ogni singola voce presa in considerazione l’Uaar ha considerato l’origine normativa, quali sono i dati a disposizione e quali sono state le valutazioni che hanno spinto la stessa Uaar ad attribuire loro un certo valore. Tutto questo, essendo pubblicato anche su internet, è altresì a disposizione di chiunque, anche della stessa Conferenza Episcopale, voglia integrare i dati, criticarli o commentarli. ‘I costi della Chiesa’ – si legge sul sito dell’Uaar – costituisce anzi uno stimolo per tutti a effettuare le proprie valutazioni e, di conseguenza, a disporre nel tempo di una piattaforma, e delle stime che contiene, sempre più affinate.
La stima aggiornata dei costi annui della Chiesa è 6.467.307.772 euro. Chi volesse vedere il conteggio nel dettaglio può cliccare qui