Svolta nella sanità, ora spetta al paziente dimostrare l’errore del medico

Sarà più difficile intentare causa per malasanità: una decisione del Tribunale di Milano

Basta con le cause facili contro i medici: lo ha deciso il Tribunale di Milano con una sentenza che sconfessa la giurisprudenza degli ultimi 20 anni. D’ora in poi in caso di presunto errore medico l’onere della prova spetta al paziente, che ci penserà due volte prima di andare in giudizio contro il dottore: spetterà al primo infatti dimostrare l’errore del medico e non più il contrario.

Vedi anche:
Errore medico, il SSN costretto al “fai da te”. Chi paga la malpractice?
La sanità ai tempi dell’Xbox: una console ci visita a distanza
Chiudono 72 mini-ospedali per 3000 posti letto. L’elenco regione per regione
Riforma Sanità: spunta l’idea del ticket legato al reddito

Una sentenza che se da una parte favorisce il medico, dall’altra protegge anche il paziente. Infatti, pur di non rischiare denunce ed evitare contenziosi, molti medici mettevano in pratica quella che si definisce “medicina difensiva“, ovvero evitavano di occuparsi di casi particolarmente difficili o di imbarcarsi in interventi potenzialmente a rischio sebbene efficaci per la cura del paziente.

La nuova sentenza inoltre dà solo cinque anni e non più dieci di tempo per agire in giudizio, passati i quali il diritto al risarcimento del danno passerà in prescrizione.
La responsabilità del medico ospedaliero viene così definita come “extracontrattuale da fatto illecito” (articolo 2.043 Codice), e non più “contrattuale” (articolo 1.128), definizione che aveva l’effetto di porre a carico del medico l’obbligo di di risarcire il danno anche quando non era in grado di provare che avesse ben operato o quando il danno era dovuto a una causa a lui non imputabile.

“Tale inquadramento -si legge nella sentenza del Tribunale milanese-, unito all’accresciuta entità dei risarcimenti liquidati, ha indubitabilmente comportato una maggiore esposizione di tale categoria professionale al rischio di dover risarcire danni anche ingenti, con proporzionale aumento dei premi assicurativi“.

Dunque “ricondurre la responsabilità del medico nell’alveo della responsabilità da fatto illecito dovrebbe favorire l’alleanza terapeutica fra medico e paziente, senza che venga inquinata (più o meno inconsciamente) da un sottinteso e strisciante “obbligo di risultato” al quale il medico non è normativamente tenuto, spesso alla base di scelte terapeutiche difensive, pregiudizievoli per la collettività e talvolta anche per le stesse possibilità di guarigione del malato.”