La povertà in Italia è sempre più in aumento e coinvolge soprattutto i più giovani, in particolare quelli che posseggono titoli pari o inferiori alla licenza media.
Secondo il Rapporto Povertà 2018 della Caritas, la povertà economica è strettamente correlata alla povertà educativa che colpisce, in misura allarmante, i ragazzi delle famiglie meno abbienti. In Italia la povertà assoluta è aumentata di circa il 182% in dieci anni e quasi un povero su 2 ha meno di 34 anni: 1,2 milioni sono minori ed 1,1 milioni sono giovani tra i 18 e i 34 anni. Da 5 anni, in particolare, l’incidenza della povertà assoluta tende a crescere al diminuire dell’età.
Il basso livello di istruzione dei giovani e l’impossibilità da parte delle famiglie di investire nella formazione dei propri figli vengono, quindi, definiti lo “zoccolo duro” del disagio ed in futuro tenderanno a creare uno spaventoso “esercito dei poveri”, senza alcuna prospettiva.
Seppur la Caritas abbia registrato un calo del numero medio di persone incontrate in ciascun centro, le storie di povertà risultano più complesse, “croniche e multidimensionali”. Sono soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni che rappresentano la classe con il maggior numero di presenze (25,1%). Tuttavia, risulta molto preoccupante la situazione dei minori coinvolti in situazioni di disagio economico: il numero è allarmante se rapportato al numero corrispondente dei nuclei familiari.
Di recente Save The Children ha affermato che l’Italia è un “Paese vietato ai minori”, dove quasi 1 milione e 300 mila bambini e ragazzi vivono in povertà assoluta: oltre la metà di questi bambini non legge un libro, quasi 1 su 3 non usa Internet e più del 40% non può permettersi di fare sport. Ma è soprattutto un Paese dove i minori non riescono ad emanciparsi dalle condizioni di disagio economico delle famiglie.
Cosa potrebbe fare lo Stato soprattutto per i minori? Sono moltissimi i luoghi abbandonati e inutilizzati, i quali potrebbero essere sfruttati per creare delle opportunità educative e spazi per svolgere delle attività artistiche, sportive e culturali. È proprio da questi spazi che potrebbero essere attivati percorsi di emancipazione e di educazione che potrebbero far colmare il gap formativo che affligge le nuove generazioni.