Pil, Italia ancora sotto livelli pre-crisi: altri paesi già in ripresa

Unica in UE. Nel 2016 pil italiano ancora sette punti indietro rispetto al 2007: Francia e Germania mettono la freccia

(Teleborsa)In Italia il calo del Pil è stato più forte della media Ue e la ripresa più lenta: nel 2016, infatti,  si pone ancora sotto (-7%) il livello pre-crisi (2007).
Tradotto: nonostante qualche piccolo segnale incoraggiante e la revisione al rialzo delle stime, la crisi ha messo in ginocchio l’economia italiana che sembra essere quella ad avere più risentito, appunto,  della grande crisi esplosa nel 2008.
A scattare la fotografia il secondo rapporto della Fondazione Di Vittorio su “Lavoro e capitale negli anni della crisi”.

BENE FRANCIA, GERMANIA E SPAGNA – Nel contesto europeo, da una parte l’Italia che ha perso di più  e recupera meno (-7% il Pil nel 2016 rispetto al 2007), dall’altra Francia e Germania che, anche in virtù del buon andamento della domanda interna, sono tornate a crescere già dopo la caduta del 2009 e presentano nel 2016 un valore del Pil che supera, rispettivamente, del 5,2% e del 9,4% il valore del 2007. Anche la Spagna, che tra le grandi economie continentali è quella che insieme all’Italia ha sofferto di più il primo (2009) e il secondo (2012) shock recessivo, dal 2014 dimostra tassi di crescita sostenuti e nel 2016 ha recuperato quasi completamente le perdite patite (-0,5% rispetto al 2007).

STENTIAMO A RIPARTIRE – L’Italia, invece, stenta ancora a ripartire e la crescita del prodotto, benché le stime siano state di recente riviste verso l’alto, è ancora debole: le proiezioni elaborate a maggio configurano un saggio di crescita nettamente più  alto per l’area Euro e collocano il Pil italiano nel 2018 ancora cinque punti sotto il valore del 2007.

COLPA DELL’AUSTERITA’ – Un tunnel del quale ancora non si vede la fine. Il rapporto, infatti, continua: “In Italia la crisi è stata più  lunga a causa delle misure di austerità che hanno penalizzato la domanda interna e determinato un generale arretramento della nostra economia, il cui peso all’interno dell’eurozona tende a ridursi progressivamente. La ripresa in atto è accompagnata peraltro dalla stagnazione dei salari e non si vedono, al di là dei risultati transitori di incentivi occasionali, gli effetti di stabilizzazione promessi dalla riforma del lavoro”. “In Italia – si legge nel rapporto della Fondazione Di Vittorio – l’andamento della produttività, tanto la produttività totale dei fattori (-4,9% rispetto al 2007) quanto la produttività reale oraria del lavoro (-0,3% rispetto al 2007), risulta molto deludente e non certo per colpa, come molti sostengono, del livello troppo alto delle retribuzioni la cui dinamica, nel periodo 2007-2016, è infatti la più debole tra quelle dei Paesi presi in esame. Non a caso i consumi sono ancora del 4,7% sotto il valore del 2007. Una tendenza destinata a proseguire nelle proiezioni per il 2018”.

E DELL’INCAPACITA’  POLITICA -“Nel nostro Paese – continua il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni – il calo del Pil è stato più forte e la ripresa più lenta della media europea, anche per effetto della mancanza di investimenti, come dimostrano i punti di ritardo dell’Italia, in termini di variazione del capitale fisso, dalla zona Euro (-17,6 punti percentuali tra il 2007 e il 2016) e dalla Germania in particolare (-35,2 punti). “Per l’incapacità da parte dei governi italiani – prosegue Fammoni – di porre in essere una politica economica finalmente espansiva e per la resistenza da parte di settori delle imprese a puntare su ricerca, innovazione, miglioramenti nella conoscenza e nell’efficienza dei processi produttivi, invece che sul contenimento del costo del lavoro”.
Per la segretaria confederale della Cgil, Gianna Fracassi “il rapporto FDV Cgil identifica nella caduta della quantità e della qualità del lavoro la causa della doppia recessione italiana, più intensa rispetto a quella delle principali economie europee”.