I vecchi tesori in lire si possono convertire in euro?

In Italia, tanti possiedono un gruzzolo nella vecchia valuta, ma il cambio in euro non si può fare

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Ogni giorno che passa si scoprono sempre nuovi tesoretti in lire, che sono stati ritrovati in qualche mobile abbandonato in cantina o in una soffitta. Sono sempre più gli italiani che avrebbero intenzione di cambiare questi gruzzoletti. Purtroppo non è più possibile procedere con il cambio delle vecchie lire: sono diventare delle monete interamente e completamente fuori corso. La Banca d’Italia – o qualsiasi altro istituto bancario si possono lecitamente rifiutare di cambiare banconote o monete. Ormai la lira è uscita di corso e non ha più alcun valore. Se non quello legato ai ricordi.

Purtroppo, oggi come oggi c’è poco da vare. I vecchi tesori in lire non si possono convertire in euro.

Vecchi tesoretti in lire: non si possono cambiare in euro

Nonostante l’entrata in vigore dell’Euro abbia sancito da tanti anni la fine della Lira, secondo alcune stime in Italia circolano ancora 10 miliardi della vecchia valuta che per la nostra legge sono “non convertibili”.

Questa piccola fortuna, di fatto, ha un valore pari a zero per chi la detiene, poiché per la Banca d’Italia non si può convertire in Euro. Un caso quasi unico in Europa, visto che nella maggior parte degli altri Paesi dell’Unione europea è sempre possibile cambiare la vecchia moneta anche dopo diversi anni.

Le leggi vigenti negli altri Stati Europei, infatti, si basano su un principio di “diritto” determinato dal momento in cui il cittadino prende coscienza di averne uno. Solo da quel momento si applica il termine di prescrizione (dieci anni) per stabilire entro quanto tempo il soggetto possa esercitare quel diritto.

Il caso della signora veronese che ha scoperto di avere 800 milioni di lire e 3 mila franchi in una vecchia cassetta di sicurezza custodita in una banca francese, è emblematico. La signora è riuscita a cambiare i franchi in euro presso la sua filiale di Parigi, ma in Italia non ha potuto fare lo stesso con la somma in lire ereditata dal defunto padre.

Si tratta, dunque, di un destino comune a tutti gli attuali detentori di “capitali” in vecchia valuta poiché nel nostro Paese il termine di prescrizione di 10 anni si applica a partire dall’anno di entrata in vigore della nuova moneta europea.

Tra i nostri connazionali, c’è anche chi ha tenuto da parte un po’ di lire con la speranza che prima o poi tornassero utili o maturassero un certo valore nel tempo. In realtà le banconote del vecchio conio andate fuori corso prima del 2002, difficilmente varranno qualcosa, neanche ricorrendo per vie legali. Lo Stato, di fatto, le considera carta straccia e l’unica speranza è che un giorno valgano qualcosa per i collezionisti.

Cosa prevede la legge in Italia

In Italia la legge ha previsto il termine ultimo di conversione delle monete e banconote denominate in lire fosse il 28 febbraio 2012. Deadline che è stata anticipata al 6 dicembre 2011 a seguito dell’emanazione di un decreto d’urgenza del governo Monti.

Sull’argomento, però è intervenuta la Corte costituzionale nel 2015, che ha dichiarato illegittima la brusca anticipazione dei termini per il cambio. Nel 2016, per dare attuazione alla pronuncia dei giudici, il MEF ha emanato un decreto che permette il cambio delle lire in euro a quanti ne avevano fatto richiesta tra il 6 dicembre 2011 ed il 28 febbraio 2012.

Per chi ha presentato domanda entro quella data il cambio è consentito. Per quanti presentano la richiesta in un qualsiasi periodo successivo al 1° marzo 2012 non possono più cambiare le lire in euro.