Ebbene sì, nell’era della digitalizzazione e della dematerializzazione, gli italiani preferiscono affidarsi ai metodi “tradizionali”, e di tradire i cari vecchi contanti per effettuare un pagamento non ci pensano proprio.
Il contante, insomma, è ancora lo strumento di pagamento prediletto dai nostri connazionali. Un’indagine condotta dalla BCE e dalla Banca d’Italia su un campione di 4.515 italiani, ha rivelato che banconote e monete sono utilizzati nell’85,9% dei casi, mentre alle carte di credito spetta solo il 12,9% delle transazioni.
In pratica, 6 italiani su 7 preferiscono i contanti ad altri strumenti digitali, come quelli disponibili sulle app degli smarpthone, che tra l’altro consentono di tracciare ogni transazione.
La domanda che ci si pone è: per quale ragione nel Bel Paese resiste ancora questa predilezione per il “cash”? A detta degli intervistati, sembra che nella maggior parte dei casi i motivi siano:
- perché il contante è sempre accettato
- perché veloce
- perché consente di controllare meglio le spese
Una quota rilevante del campione (45%) fornisce anche delle ottime motivazioni in virtù delle quali pagare con le carte o altri strumenti non è affatto una buona idea:
- perché bisogna controllare se si ha sufficiente denaro
- perché è meno immediato e veloce
- perché è meno sicuro
- perché non è semplice come pagare in contanti
Ad onore del vero, i dati raccolti evidenziano il contante è utilizzato i sopratutto per saldare piccoli importi (inferiori a 25 euro). La crescente diffusione dei pagamenti digitali, inoltre, fa però ben sperare: da tempo il trend è in ascesa sia per valore totale delle transazioni che per singole operazioni.
I mal pensanti però, potrebbero supporre che ci siano anche altre ragioni dietro queste abitudini. Gli italiani, popolo per antonomasia di “furbetti”, forse non gradiscono del tutto che i pagamenti digitali siano sempre, perfettamente verificabili. La riconoscibilità delle transazioni, del resto, consentirebbe di contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale e di innescare un circolo virtuoso e non vizioso.
O forse il vero motivo è da ricercare in un fatto culturale, in consuetudini cristallizzate nel tempo e difficilmente modificabili. Ma queste sono soltanto supposizioni. Quel che è certo è che il primo passo per accogliere comportamenti coerenti con le esigenze e le “best practices” internazionali e colmare quel divario di educazione finanziaria che gli italiani hanno con gli altri paesi industrializzati, dovrà essere proprio cambiare certe abitudini.