Inefficienza della PA cara ci costi! Pesa più dell’evasione fiscale

Lo rivela un'indagine della CGIA 

(Teleborsa)La ripresa economica stenta a decollare. Tante le cause tra le quali sicuramente “spicca” il malfunzionamento della Pubblica amministrazione  italiana che continua ad avere un impatto molto negativo sull’economia del nostro Paese, frenandone la crescita.

FRENO A MANO TIRATO – In poche parole, l’incapacità, gli sprechi e la cattiva gestione della macchina dello Stato hanno una dimensione economica superiore al mancato gettito riconducibile all’evasione fiscale presente in Italia.

Lo dice l’Ufficio studi della CGIA che ha raccolto ed elencato  le principali inefficienze della nostra macchina pubblica e i conseguenti effetti economici che queste criticità producono sul sistema economico italiano.

COSA NON VA? – Un elenco lungo, anzi lunghissimo: il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il nostro sistema economico per un importo di 42 miliardi di euro l’anno;  i debiti della Pa nei confronti dei fornitori ammontano a 64 miliardi di euro: di cui 34 ascrivibili ai ritardi nei pagamenti;  il peso della  burocrazia grava sulle Piccole e medie imprese per un importo di 31 miliardi di euro l’anno; gli sprechi, le inefficienze e la corruzione presenti nella sanità ci costano 23,6 miliardi di euro l’anno; la lentezza della nostra giustizia civile costa al sistema Paese 16 miliardi di euro l’anno.

“E’ possibile affermare con buona approssimazione – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – che gli effetti economici derivanti dal cattivo funzionamento della nostra Amministrazione pubblica siano superiori al mancato gettito riconducibile all’evasione tributaria e contributiva che, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sottrae alle casse dello Stato attorno ai 110 miliardi di euro ogni anno. E’ altresì verosimile ritenere che se  recuperassimo  una buona parte dei soldi evasi al fisco, la nostra macchina pubblica funzionerebbe meglio e costerebbe meno.  Analogamente, è altrettanto plausibile ipotizzare che se si riuscisse a tagliare sensibilmente la spesa pubblica, permettendo così la riduzione di pari importo anche del peso fiscale, molto probabilmente l’evasione sarebbe più contenuta, visto che molti esperti sostengono che la fedeltà fiscale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di pressione fiscale a  cui sono sottoposti i propri contribuenti”.

Il Segretario della CGIA, Renato Mason, tiene a precisare: “Al netto degli interessi sul debito, nel 2017 la spesa pubblica in Italia  dovrebbe attestarsi sui 773 miliardi di euro e, come ricordano molti esperti, il tema della sua razionalizzazione continuerà a rimanere centrale anche nei prossimi anni. Infatti, nonostante l’impegno  e gli sforzi profusi in questi ultimi tempi, i risultati giunti dalla spending review sono stati importanti, ma non ancora sufficienti. Secondo una nostra elaborazione, in questa legislatura, sebbene ci sia stato il blocco delle retribuzioni dei dipendenti pubblici, i risparmi strutturali ottenuti sono stati pari a 30,4 miliardi di euro. Nel frattempo, però, la spesa corrente al netto degli interessi è aumentata di 31,8 miliardi”.
“A scontare gli effetti negativi della cattiva gestione della Pa è tutto il Paese – conclude Zabeo – anche se, in linea di massima, il Nord è la ripartizione geografica maggiormente penalizzato da questa situazione per almeno due ragioni. La prima, avendo un’economia  molto orientata  all’export, questi territori avrebbero bisogno di contare su servizi e infrastrutture migliori per competere con maggiore successo nei mercati internazionali.  La seconda, perché  la propensione all’evasione fiscale del settentrione è nettamente inferiore che nel resto del Paese.  Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, infatti,  le regioni del Sud registrano livelli di intensità  di evasione che  sfiorano il 60 cento, vale a dire 60 centesimi di gettito evaso per ogni euro regolarmente versato, mentre la media del Nord è del 27 per cento”.

MA NON TUTTO E’ DA BUTTARE – Tutto da buttare? Ovviamente, no. Dalla CGIA, infatti, si precisa che bisogna riconoscere l’ottima qualità dei servizi offerti in alcune aree del Paese da molti enti locali, dalla sanità, dalle forze dell’ordine, dalla scuola primaria e dall’università.