(Teleborsa) Da un lato il Franco CFA, la moneta in uso in 14 ex colonie francesi, dall’altro la delicatissima e attuale questione migranti. Qual è il nesso? Sono in molti a sostenere che la moneta in questione, rea di frenare la crescita e lo sviluppo dei paesi che la adottano, contribuirebbe in maniera sostanziale ad alimentare i flussi migratori verso l’Europa. Una tesi tutt’altro che nuova, tornata prepotentemente alla ribalta in queste ore, riaccendendo la polemica tra Italia e Francia dopo l’ennesimo naufragio di migranti al largo della Libia che ha causato la morte di 117 persone tra cui donne e bambini.
Ma vediamo di cosa si tratta. Il Franco CFA è una moneta che la Francia ha messo a disposizione di alcune nazioni emergenti per garantire una stabilità finanziaria e la gratuità dei trasferimenti finanziari all’interno di un unico sistema di cambio. Non dunque una “tassa coloniale” ma una moneta, anche se è di fatto un’eredità del ruolo coloniale della Francia nella regione che in origine si chiamava Franc des Colonies françaises d’Afrique .
L’ACCUSA DI COLONIALISMO – A puntare il dito contro Parigi, il Vicepremier Luigi Di Maio che ha dichiarato: “Se oggi la gente parte dall’Africa è perché alcuni Paesi europei con in testa la Francia, non hanno mai smesso di colonizzare decine di Stati africani”. Nel mirino il Presidente francese Macron che, per il leader 5 Stelle, “prima ci fa la morale, poi continua a finanziare il debito pubblico con i soldi con cui sfrutta l’Africa”. L’Italia si deve far sentire: nelle prossime settimane ci sarà una iniziativa parlamentare del M5S che impegnerà sia il Governo italiano sia le istituzioni europee, sia tutte le istituzioni diplomatiche sovranazionali, a iniziare a sanzionare quei paesi che non decolonizzano l’Africa, perché quello che sta succedendo nel Mediterraneo è frutto delle azioni di alcuni paesi che poi ci fanno pure la morale”.
“Se non affrontiamo il tema della sovranità monetaria in Africa non se esce più”, aveva rincarato la dose Di Battista.
La polemica nasce dal fatto che in cambio della parità fissa (prima con il franco e ora con l’euro: un Fca vale circa 0,0015 euro) la Francia chiede un deposito pari al 50% delle riserve di cambio di queste nazioni presso la sua Banca centrale. Queste somme depositate a Parigi, stimate a circa 10 miliardi di euro, non vengono utilizzate dalla Banque de France, ma secondo i detrattori del sistema Fca sarebbe meglio investire questo denaro nello sviluppo dei paesi africani.
Una querelle che però sembra rientrare. Il franco CFA, spiegano in queste ore gli esperti, rientra in un accordo tra la Francia e 14 Paesi africani, siglato diversi decenni fa e rimasto in vigore anche dopo l’indipendenza delle colonie. È un’intesa che le parti coinvolte possono smontare, non stiamo parlando dunque di un’imposizione. Tradotto: i governi africani interessati, qualora volessero uscire da questo accordo, per utilizzare ognuno una loro moneta, oppure utilizzare una moneta comune che non sia garantita dal Tesoro francese, lo possono fare. Come peraltro ha dichiarato in più occasioni il Presidente Macron, interrogato già in passato sull’argomento.
Intanto arriva la dura presa di posizione di Bruxelles.“Alcune dichiarazioni vengono fatte per uso nazionale, somigliano a provocazioni, perché il contenuto è vuoto o irresponsabile, per cui è preferibile evitare di cedere alla provocazione”, dice il commissario agli Affari economici della Ue, il francese Pierre Moscovici
Quai d’Orsay convoca l’ambasciatrice Teresa Castaldo – Intanto, l’ambasciatrice d’Italia a Parigi, Teresa Castaldo, è stata convocata dal ministero degli Affari Esteri francese in seguito alle ultime dichiarazioni del Vicepremier Di Maio. “Queste dichiarazioni da parte di un’alta autorità italiana sono ostili e senza motivo visto il partenariato della Francia e l’Italia in seno all’Unione europea. Vanno lette in un contesto di politica interna italiana”, fanno sapere fonti diplomatiche francesi a Parigi.