Dal baratto 2.0 al crowdfunding. Reoose lancia una campagna per crescere

No ai venture capitalist, sì alla Rete. Reoose lancia una campagna di raccolta fondi per finanziare la più grande community del baratto online

Gli italiani consumano meno, ma riparano e scambiano di più. E’ il classico business “anticiclico” che esplode quando la produzione e il commercio sono in contrazione. Si mette la toppa alla giacca, si ripara il vecchio elettrodomestico, si scambiano i beni ancora utilizzabili. Si fa di necessità virtù e i consumatori diventano riutilizzatori.

In questo contesto nasce qualche anno fa Reoose, il primo eco-store gratuito del riutilizzo che si serve di un nuovo tipo di baratto, detto asincrono, per “riciclare” oggetti non utilizzati e dar loro una “seconda vita”, il tutto senza l’utilizzo di denaro. Reoose nasce per promuovere un consumo sostenibile e consapevole, evitando sprechi e salvaguardando al tempo stesso l’ambiente. La particolarità del meccanismo di Reoose sta nel fatto che la piattaforma assegna all’oggetto in automatico il valore in crediti senza tener conto del brand e del valore affettivo del proprietario.
Tale meccanismo permette, a quelli oggetti dimenticati nei propri scaffali e cantine, di essere scambiati molto velocemente. L’idea di Reoose è unica nel suo genere e, a 2 anni dalla sua nascita, è diventata la più grande community del baratto, con 70 000 oggetti scambiati e salvati dalla discarica e più di 30.000 iscritti solo grazie al passaparola.

Per continuare a crescere in Italia ed esportare l’idea all’estero Luca e Irina, fondatori di Reoose, hanno deciso di intraprendere la strada del crowdfunding anziché quella dei venture capitalist, dove le logiche del profitto sono prioritarie rispetto alla reale utilità del servizio.
Il crowdfunding non è una beneficenza ma un processo collaborativo di persone che utilizzano il proprio denaro per sostenere una idea. Chi dona il proprio denaro in cambio riceve un bene, un regalo, un premio esclusivo. In questo caso Reoose cede crediti utili per comprare oggetti o servizi (idraulico,baby sitter, imbianchino…) e alcuni premi speciali come, un week end ad Alcatraz, libri di Dario Fo oppure opere dello street artist “Pao”.  
La piattaforma di crowdfunding scelta per la campagna di raccolta fondi è Indiegogo e il contributo degli utenti verrà utilizzato interamente per implementare nuovi servizi al fine di creare una community sempre più grande a cui offrire una vita a costo (quasi) zero. 

Si può crescere consumando meno?

Ma c’è anche chi di recupero parla da tempi non sospetti (ben prima della crisi) per motivi che hanno a che fare più con la sostenibilità ambientale che col risparmio. Sono i teorici delle “3 R“, ovvero:
Riduci i consumi: compra solo quello che usi davvero, rinuncia al superfluo.
Riusa (nel nostro caso, Ripara): allunga la vita del prodotto riparandolo e adattandolo.
Ricicla: tutto ciò che compri prima o poi diventerà rifiuto, utilizza la raccolta differenziata.

Anche se in periodo di crisi la parola d’ordine più diffusa è “aumentare i consumi”, non tutti la pensano così. I sostenitori della decrescita felice, per esempio. Partono da un presupposto fondamentale: in un mondo finito non è possibile una crescita infinita. La crisi che stiamo attraversando lo dimostra: è impossibile spingere i consumi oltre un certo livello. E teorizzano una cambiamento che ha del rivoluzionario: spostarsi progressivamente dal campo degli scambi mercantili a quello degli scambi non mercantili. Che vuol dire usare come moneta di scambio non solo il denaro ma anche il tempo, la competenza personale, l’autoproduzione. A qualcuno può sembrare un sogno da vecchi hippy ma ha il sostegno di economisti e intellettuali che cercano l’alternativa a un modello di sviluppo ormai “alla frutta”.