Bonus Covid, multa di 300mila euro all’Inps per la “caccia ai furbetti”

In relazione alle violazioni commesse nell’ambito degli accertamenti antifrode per le partite Iva. La risposta: giudizio e sanzione appaiono eccessivi, difficile ora fare controlli massivi

Mancata definizione dei criteri per trattare i dati di determinate categorie di richiedenti il bonus Covid, uso di informazioni non necessarie rispetto alle finalità di controllo, ricorso a dati non corretti o incompleti, inadeguata valutazione dei rischi per la privacy.
Sono queste le motivazioni per cui il Garante per la Protezione dati personali ha ordinato all’Inps il pagamento della sanzione di 300mila euro in relazione alle violazioni commesse nell’ambito degli accertamenti antifrode effettuati dall’Istituto riguardo al bonus Covid per le partite Iva.

Come si è svolta l’Istruttoria del Garante

L’istruttoria del Garante era stata avviata nel mese di agosto, in seguito a notizie di stampa, riguardo al trattamento, da parte dell’Istituto, dei dati dei richiedenti che ricoprono cariche politiche (nello specifico, incarichi di parlamentare o di amministratore regionale o locale) che avevano fatto richiesta del bonus da 600 euro.
Nel corso degli accertamenti l’Autorità, pur riconoscendo che lo svolgimento dei controlli sulla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per l’erogazione del bonus è riconducibile a compiti di interesse pubblico rilevante, ha riscontrato numerose criticità nelle modalità utilizzate dall’Inps nel procedervi. L’istruttoria ha messo in luce che l’Inps non ha adeguatamente progettato il trattamento e non è stata in grado di dimostrare di aver svolto i controlli nel rispetto del regolamento. L’Autorità ha inoltre prescritto all’istituto di cancellare i dati non necessari fino ad ora trattati ed effettuare un’adeguata valutazione di impatto privacy, violando i principi di privacy by design, di privacy by default e di accountability.

Inps, numerose le criticità emerse

In primo luogo, dopo aver acquisito da fonti aperte i dati di decine di migliaia di persone che ricoprono incarichi di carattere politico, l’Istituto ha effettuato elaborazioni e incroci tra i dati di tutti coloro che avevano richiesto il bonus con quelli dei titolari dei predetti incarichi. Ciò senza però aver prima determinato se ai parlamentari e agli amministratori regionali o locali spettasse o meno tale beneficio, anche in considerazione delle differenti caratteristiche delle cariche ricoperte. In questo modo l’Inps ha violato i principi di liceità, correttezza e trasparenza stabiliti dal Regolamento Ue in materia di protezione dei dati personali.

L’Inps non ha rispettato neppure il principio di minimizzazione dei dati, avendo avviato i controlli finalizzati al recupero dei bonus anche su tutti quei soggetti che, pur avendolo richiesto, non lo avevano percepito, visto che la loro domanda era già stata respinta per ragioni indipendenti dalla carica ricoperta.

È emerso inoltre che l’Inps non ha valutato adeguatamente i rischi collegati a un trattamento di dati così delicato come è quello riguardante i richiedenti un beneficio economico classificato come ammortizzatore sociale, non effettuando la valutazione di impatto sui diritti e le libertà degli interessati. Per tali motivi, il Garante ha dichiarato illecito il trattamento dei dati personali effettuato dall’Inps e ha applicato la sanzione. L’Autorità ha inoltre prescritto all’Istituto di cancellare i dati non necessari fino ad ora trattati ed effettuare un’adeguata valutazione di impatto privacy.

La risposta dell’Inps: sui controlli applichiamo le raccomandazioni del Garante della privacy

In un comunicato Inps fa sapere che “prende atto della decisione del Garante in merito al caso dei controlli effettuati dall’Istituto sui beneficiari di bonus Covid, in particolare tra coloro che ricoprono incarichi politici, per i quali il Ministero del Lavoro ha poi indicato che i percettori di indennità assimilabili al lavoro dipendente non ne avessero diritto.

Nell’analisi e nei controlli effettuati, per i quali l’Istituto ha osservato integrale riservatezza, non sono stati utilizzati dati sensibili o anche dati che non fossero visibili al pubblico. Cionondimeno, è stato deciso di perseguire l’Inps con una sanzione e ravvisare gli estremi di violazione dei criteri di privacy. L’Istituto, pur ritenendo eccessivo l’impianto di giudizio complessivo, attiverà prontamente la valutazione di impatto richiesta e la cancellazione dei dati non necessari.

È opportuno rilevare che l’applicazione della privacy by design e by default – indicata dal Garante in ogni sua declinazione teorica come vincolante per tutte le attività – può, per un Istituto che gestisce decine di milioni di prestazioni per lo Stato e i cittadini nella previdenza e nell’assistenza, creare nella pratica molte incertezze nel funzionamento dell’amministrazione, che tende sempre più a gestioni automatizzate e digitali, e nelle sue legittime azioni di controllo massivo e di antifrode in tempi rapidi che uno Stato equo, efficiente ed agile richiede”.