Fino a pochi mesi fa, chiunque osasse mettere in dubbio la convenienza del Fiscal Compact, ossia del pareggio di bilancio inserito in Costituzione, veniva velocemente liquidato come populista o radicale. Oggi del gruppo fanno parte autorevoli esponenti dei governi che l’hanno votato o sostenuto, dall’ex premier Matteo Renzi che vuole tornare al tetto del patto di stabilità fino a Graziano Delrio che parla di “errore”. Come di “errore” parla il giudice della Consulta Giuliano Amato, buon ultimo in ordine cronologico.
“Il pezzo forte del Fiscal compact lo abbiamo messo in Costituzione – ricorda Amato riferendosi al pareggio di bilancio obbligatorio -. Per accantonarlo dovremmo dichiarare incostituzionale l’articolo 81” della Carta fondamentale, e “personalmente dichiarerei incostituzionali alcune parti”, continua. Per poi aggiungere che ha “trovato eccessivo escludere la possibilità di indebitamento” per lo Stato.
Quello che oggi manca, secondo Amato, è “l’Unione federale europea”, che non si è riusciti a costruire dopo il trattato di Maastricht, dove si è arrivati “alle porte del paradiso”, raggiungendo il “massimo dell’integrazione, con la moneta unica, con gli Stati che rinunciano a battere moneta”. Tuttavia, a Maastricht è nato anche “il peccato originale” dell’Ue. Secondo Amato consiste nell’aver “lasciato la gestione delle politiche fiscali a un coordinamento nazionale” anziché affidarle a livello europeo. Così, indica, adesso “siamo qui a vivere questa schizofrenia che Maastricht ha codificato”.
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