I primi segnali di allerta sono arrivati nel primo pomeriggio di martedì 5 luglio, quando nelle province di Parma e Piacenza si è diffusa la notizia che ha lasciato a bocca aperta migliaia di cittadini e anche moltissimi rappresentanti delle istituzioni locali: non è possibile, un altro virus. Risulta semplice immaginare il panico che ne è derivato, soprattutto tra chi – e purtroppo sono davvero molti in questa ennesima estate segnata dalle varianti del coronavirus – è alle prese con la comparsa di sintomi quali febbre, mal di testa, dolori articolari e spossatezza.
Il “nuovo” nemico all’orizzonte si chiama West Nile Virus (tradotto letteralmente in italiano come Virus del Nilo occidentale) e mai come in questo caso le virgolette sono d’obbligo, in quanto il primo caso accertato nella storia dell’uomo risale al 1937, quando questo arbovirus della famiglia Flaviviridae è stato riscontrato in una donna ugandese appena rientrata dall’Egitto: da qui, appunto, il nesso con il grande fiume nordafricano.
West Nile Virus, come si trasmette e quante volte è stato individuato in Italia
La notizia dell’individuazione del West Nile Virus nelle zanzare dell’Emilia occidentale ha portato le autorità sanitarie della regione a dichiarare immediatamente il livello di rischio 2 (probabilità di epidemia bassa o moderata) per la provincia di Parma, anche se gli insetti attenzionati sono quelli del comune di Alseno, in provincia di Piacenza: per questo anche quell’area rimane strettamente sotto sorveglianza.
Dunque, come spesso capita, sono le zanzare a fungere da vettore: in particolare riveste un ruolo primario il genere Culex, ossia quelle comuni che in questo periodo dell’anno invadono letteralmente la bassa emiliana e tutta la zona circostante la via Emilia, dal confine con la Lombardia fino alla riviera romagnola. Come ricorda l’Organizzazione mondiale della Sanità (WHO), il West Nile Virus colpisce sia gli animali (in particolare i cavalli), sia gli uomini e in Italia non sono mancate in passato piccole ma importanti epidemie di questo arbovirus.
Tra il 2007 e il 2008 vennero registrati i primi casi della storia d’Italia in Lombardia, Piemonte, Toscana e nella stessa Emilia Romagna: in quel caso si riuscì ad evitare che ci fossero decessi a causa dell’infezione, cosa che invece non si è riusciti a sventare tre anni più tardi in Sardegna, quando due cittadini di 34 e 70 anni morirono a causa delle gravi complicazioni che questo virus può portare se non si interviene in maniera tempestiva per debellarlo dall’organismo.
West Nile Virus, quali sono i sintomi e quanto dura il periodo di incubazione
Ma quali sono i sintomi tramite cui è possibile riconoscere il West Nile Virus? Purtroppo, anche in questo caso (come del resto per il Covid-19), gli scompensi più comuni sono gli stessi che accompagnano le classiche influenze stagionali: si comincia con la comparsa di un forte cerchio alla testa, accompagnato da un costante dolore alle ossa e alle articolazioni.
Nel giro di poche ore è probabile che compaia la febbre e che si venga travolti da un forte stato di stanchezza e affaticamento. Ne conseguono la scarsa capacità di concentrazione e momenti in cui la vista può risultare appannata. Il WHO parla di un periodo di incubazione che può variare dai 2 ai 15 giorni, mentre la media dei pazienti sintomatici si attesta tra il 30% e il 35% (circa 1 infettato su 3).