Stop all’uso di parole straniere: l’incredibile proposta di Fdi

Con lo scopo di salvaguardare l'Italia e difendere l'identità della nazione Fratelli d'Italia deposita una proposta di legge per proibire le parole straniere nella pubblica amministrazione. Previste multe salatissime.

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Addio Chief executive officer, account e It manager. Benvenuti amministratori delegati, contabili e capi dei servizi informatici. La proposta di legge, il cui primo firmatario è il vicepresidente della Camera in quota Fratelli d’Italia Fabio Rampelli, è stata depositata lo scorso 23 dicembre.

Parole straniere: multa se non si parla italiano

Lo scopo in sintesi: tutelare la lingua italiana e l’identità nazionale riducendo il ricorso ai termini stranieri, a meno che non sia strettamente necessario, nelle aziende ma anche e soprattutto nella pubblica amministrazione. La legge è composta da otto articoli e prevede l’italiano come lingua obbligatoria per la fruizione di beni e servizi, l’obbligo di trasmettere qualsiasi comunicazione pubblica in italiano, l’obbligo di utilizzare interpreti o strumenti di traduzione durante le conferenze o gli eventi rivolti al pubblico e il divieto di utilizzare sigle o acronimi stranieri per i ruoli aziendali. Via libera nelle scuole e nelle università ai corsi in lingue straniere, ma solo ed esclusivamente se tali corsi sono frequentati da studenti stranieri.

I firmatari denunciano come, dalle ultime stime, negli ultimi 25 anni il numero di termini inglesi adottati dalla lingua italiana sia aumentato del 773 per cento. E sarebbero quasi 9.000 le parole inglesi sposate accolte nel dizionario Treccani, bibbia della lingua italiana, su un totale di circa 800.000 parole nate nel Bel Paese. La legge depositata considera “non più ammissibile che si utilizzino termini stranieri la cui corrispondenza italiana esiste ed è pienamente esaustiva”.

Multa fino a 100mila euro se non si parla in italiano

E per i trasgressori sono previste multe salatissime: “La violazione degli obblighi comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 5.000 a 100.000 euro“. Per mettere in atto, nel concreto, la “salvaguardia nazionale” e la “difesa identitaria” la proposta di legge chiede l’istituzione di un Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana.

Le reazioni fra critiche e ilarità

La proposta ha suscitato polemiche e ilarità nelle opposizioni. “Pensavamo di averne viste già molte di proposte sconclusionate e al limite del ridicolo da parte di questa maggioranza, ma quella che giunge con apposito disegno di legge da parte del vice presidente della Camera Rampelli le batte tutte”. Così ironizzano, in commissione cultura alla Camera e al Senato, anonimi parlamentari del Movimento 5 Stelle citati dal ‘Sole24Ore’.

E ancora: “L’alfiere di Fratelli d’Italia porta in Parlamento una crociata contro i ‘forestierismi’, prevedendo sanzioni da 5.000 a 100.000 euro per chi dovesse violare l’italico idioma. Peccato che sia proprio il suo governo ad aver istituito il Ministero del ‘made in Italy’. Rampelli denuncerà il collega di partito Urso che è a capo di un siffatto ministero, tanto incline al forestierismo perfino nel suo nome? Insomma è lo stesso governo di cui lui fa parte ad essere responsabile dell’’inquinamento della lingua italiana’, denunciato nella relazione alla sua legge”.

Un’altra polemica colpisce la maggioranza dunque, dopo le recenti critiche alle esternazioni di Ignazio La Russa che ha attaccato i partigiani per l’attentato in via Rasella, la bufera sulla maternità surrogata e la bagarre per le dichiarazioni di Donzelli in aula sul caso Cospito.

L’Accademia della Crusca boccia senza appello la proposta di legge Rampelli: “La proposta di sanzionare l’uso delle parole straniere per legge, con tanto di multa, come se si fosse passati col semaforo rosso, rischia di vanificare e marginalizzare il lavoro che noi, come Crusca, conduciamo da anni allo scopo di difendere l’italiano dagli eccessi della più grossolana esterofilia, purtroppo molto frequente”. Così dice il professor Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca.