Dal 1° luglio 2020, con un po’ ritardo sulla tabella di marcia per via del Covid, è diventato obbligatorio su tutto il territorio nazionale il sistema pagoPA.
A cosa serve pagoPA e come funziona
Non tutti ancora sanno cos’è e come funziona (vi rimandiamo qui per la guida rapida di QuiFinanza), ma è bene precisare che non è un sito internet dove pagare, ma una nuova modalità per eseguire i pagamenti verso la Pubblica Amministrazione, tramite i cosiddetti Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP) aderenti.
PagoPA sostituisce di fatto il vecchio bollettino Rav: con questo nuovo sistema potete pagare tributi, tasse, utenze, rette, quote associative, bolli, scuole, università, ASL e altro ancora.
E lo potete fare con bonifico bancario o postale, bollettino postale, carte, oppure anche in banca o in Posta. Obiettivo: favorire l’uso di sistemi elettronici di pagamento in tutta Italia e ridurre i costi di gestione degli incassi per gli enti credito.
PagoPA, le criticità
Ma c’è un problema. Perché, se da un lato la Pubblica Amministrazione vuole spingere verso una digitalizzazione e dunque una riduzione dei costi, dall’altro succede che questa transizione al digitale ha un costo sostenuto proprio da tutti noi cittadini.
Prima di PagoPa il costo del pagamento era a carico della Pubblica Amministrazione. Ora, invece, è responsabilità dell’utente. PagoPA infatti prevede una commissione per ogni movimento, che può variare da pochi centesimi fino a 2 euro a seconda dell’ammontare del pagamento, a carico dei cittadini.
La percezione, come sottolineato anche dall’Associazione Banche Italiane (Abi), è che la richiesta della commissione arrivi dalla banca, che fa però da intermediario al pagamento, ma in realtà è la Pubblica Amministrazione che la richiede perché non supporta più questo costo e lo “gira” direttamente al cittadino.
Perché le commissioni di PagoPA sono a carico del cittadino
E perché il cittadino dovrebbe pagare le commissioni alla Pubblica Amministrazione, cioè allo Stato? Proprio sul sito pagoPA, tra le FAQ, troviamo una risposta a questa domanda. “A fronte dell’erogazione di un servizio di pagamento, il pagatore è chiamato a corrispondere al suo PSP una commissione” si legge.
Le commissioni per la gestione del pagamento sono “causate” da alcuni costi di servizio che i PSP sostengono per garantire un servizio di qualità.
Come ad esempio la continuità di erogazione 24 ore su 24 365 giorni l’anno, i tempi di esecuzione delle transazioni che devono essere molto bassi, costi dei circuiti internazionali nel caso di pagamento con carta di credito, sicurezza e servizi anti-frode, affidabilità dell’infrastruttura.
Una risposta che, però, non sembra piacere né tantomeno soddisfare i cittadini, soprattutto coloro – in particolare più anziani – che non hanno grande dimestichezza con il digitale. Vedremo se la PA deciderà di affrontare direttamente la questione e, magari, trovare una soluzione alternativa.