Il nuovo decreto Energia approvato dal governo Draghi il 18 marzo introduce misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina.
Il provvedimento affronta in particolare questi ambiti:
- contenimento dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei carburanti
- misure in tema di prezzi dell’energia
- sostegni alle imprese
- presidi a tutela delle imprese nazionali
- accoglienza umanitaria.
Qui prendiamo in considerazione esclusivamente le misure per le imprese relative all’energia (qui trovate invece gli aiuti alle famiglie). Ecco cosa prevede il nuovo decreto per venire incontro alle imprese che hanno subito e subiranno più duramente il contraccolpo dei rincari energetici, anche – ma non solo – per effetto della guerra in Ucraina.
Indice
Crediti d’imposta per le imprese
Mentre si affaccia nel nostro Paese un’altra durissima stangata (ne abbiamo parlato qui), il decreto Energia introduce due nuovi crediti d’imposta per:
- le imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica. Il credito è pari al 12% della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica effettivamente utilizzata nel secondo trimestre del 2022 ed è riconosciuto qualora il prezzo della stessa, calcolato sulla base della media riferita al primo trimestre 2022, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30% del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019;
- le imprese diverse da quelle a forte consumo di gas naturale. Il credito è pari al 20% della spesa sostenuta per l’acquisto del gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al primo trimestre 2022, dei prezzi di riferimento pubblicati dal Gestore dei mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30% del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.
Il credito d’imposta relativo ai consumi di energia elettrica è cedibile ad altri soggetti, compresi le banche e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario o imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia.
La cedibilità è estesa anche al credito d’imposta già riconosciuto alle imprese energivore e a forte consumo di gas naturale ai sensi del decreto-legge n. 4/2022 e n. 17/2022.
Non solo. Vengono anche aumentati altri due crediti d’imposta già riconosciuti dal decreto-legge n. 17/2020:
- quello a favore delle imprese energivore passa dal 20% al 25%
- quello a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale passa dal 15% al 20%.
Trasparenza e monitoraggio nel mercato del gas naturale
Il decreto prevede anche che i titolari dei contratti di approvvigionamento di gas per il mercato italiano saranno tenuti a trasmettere al Ministero della transizione ecologica e all’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) i contratti già sottoscritti o da sottoscrivere.
Perché il decreto non piace a Confindustria
I punti della riforma Draghi non piacciono però a Confindustria, che boccia il provvedimento. I Presidenti di Confindustria Lombardia, Francesco Buzzella, Confindustria Veneto, Enrico Carraro, Confindustria Emilia-Romagna, Pietro Ferrari, e Confindustria Piemonte, Marco Gay, hanno espresso profonda insoddisfazione e preoccupazione.
Pur nella consapevolezza che l’intero sistema industriale italiano è a rischio paralisi tra aumenti delle materie prime, difficoltà di approvvigionamento delle forniture e costo dell’energia, nel decreto manca – denuncia Confindustria – la determinazione di cui c’è assoluto bisogno in periodi eccezionali come quelli che stiamo vivendo.
Il problema dei prezzi
L’allerta è massima in Italia, soprattutto tra le imprese del Nord: occorre intervenire immediatamente, con ogni misura possibile e sostenibile, per compensare l’aumento dei costi dell’energia, anche attraverso un tetto sui prezzi, e gli effetti delle sanzioni legate alla guerra per i settori o le imprese direttamente colpite, spiegano gli industriali.
“L’Italia e la sua industria stanno pagando il prezzo più alto d’Europa. La trasparenza del mercato energetico deve poter permettere di legare al costo delle forniture il prezzo al cliente, non ai valori oscillatori delle speculazioni quotidiane”.
Anche il sistema fiscale, che grava sui prodotti energetici, va reso lineare, chiaro e trasparente. Confindustria denuncia in particolare come le imposte raddoppino il costo del carburante e siano la sommatoria di accise accumulate nei decenni senza più alcun riferimento alla situazione attuale.
“Perché non prendere esempio dal Portogallo, dove il governo ha chiesto alla UE la riduzione dell’aliquota IVA dal 23% al 13%?” chiedono. La scelta di intervenire con “sconti” e ristori temporanei limitati nel tempo e negli impatti, poi, è in contrasto con le previsioni, anche quelle meno pessimistiche, di alti livelli dei prezzi sui mercati energetici prolungati nel tempo.
Definiscono poi “irricevibili, causa insostenibilità”, le ipotesi o gli scenari di riduzione “teorici” dei consumi energetici dell’industria. Gli industriali chiedono che le strategie europee, a partire dal Fitfor55, “costruite e calate dall’alto”, vengano riviste in una logica di transizione sostenibile, non di obiettivi astratti irraggiungibili per tutti i settori industriali, dalle plastiche all’auto.
“La transizione va discussa, condivisa e programmata insieme all’industria. Visto il diverso impatto del costo dell’energia nei vari Paesi europei le imprese italiane sono quelle la cui competitività è maggiormente a rischio”.
Il problema delle fonti energetiche
La traiettoria sembrerebbe chiara per Confindustria: il Paese deve definire rapidamente un vero e proprio piano energetico nazionale che preveda un nuovo mix di forniture e fonti. In particolare, bisogna accelerare sulla realizzazione degli impianti di rinnovabili sbloccando gli iter autorizzativi, oggi di fatto bloccati in molte aree.
Contemporaneamente, è “indispensabile” accelerare l’aumento del prelievo nazionale di gas, anche con nuove esplorazioni, e riattivare gli investimenti previsti sui rigassificatori.
In questo scenario si fa sempre più imprescindibile e strategico il PNRR, che andrebbe parzialmente rivisto e rimodulato in funzione della necessità di sostenere gli investimenti in campo energetico, e andrebbero anche riprese le riforme appena approcciate in questi mesi: prima di tutte quella del fisco, intervenendo strutturalmente sul cuneo fiscale, concludono gli industriali. Gli effetti dell’inflazione sui salari rischiano di essere ulteriormente “deprimenti” per l’economia e per le imprese italiane.