Se sei nato nel 1999 andrai in pensione a 71 anni. Questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Ocse, secondo cui l’età pensionabile salirà ulteriormente nei prossimi anni sino a superare i 70 anni. Attualmente nel nostro paese si smette di lavorare ad un’età intorno ai 66,6 anni, ma nel 2019 si arriverà sino a 67 anni in base alla revisione delle aspettative di vita realizzata dall’Istat.
Secondo i dati diffusi dal rapporto Panorama sulle Pensioni dell’Ocse pubblicato a Parigi chi entra oggi nel mondo del lavoro in Italia andrà in pensione dopo aver compiuto 71 anni. Per l’istituzione chi ha trovato un impiego nel 2016 a 20 anni, considerando la legge che lega l’età pensionabile all’aspettativa di vita, avrà accesso alla pensione a 71,2 anni.
Non andrà meglio per i lavoratori che si trovano in altri paesi dell’Europa. Chi lavora in Danimarca potrà lasciare il lavoro solo a 74 anni, mentre l’Olanda si allinea all’Italia. 68 anni invece sarà l’età pensionabile in Irlanda e Finlandia, mentre in tutti gli altri Paesi Ocse l’età per la pensione arriverà prima.
Per l’Ocse la spesa pensionistica è “aumentata e dovrebbe continuare a crescere nel breve termine in gran parte dei Paesi Ocse. Per l’insieme di questi Paesi – si legge nel rapporto – le spese previdenziali sono aumentate di circa il 2,5% del Pil dal 1990. Attualmente, la Grecia e l’Italia consacrano già oltre il 15% del loro Pil alle pensioni”. Nonostante ciò “le prospettive di lungo termine sono migliorate e il ritmo di crescita delle spese anticipate è notevolmente diminuito”. L’istituzione ha poi chiarito come “l’attuale sfida dell’Italia è limitare al tempo stesso la spesa pensionistica nel breve e medio termine e affrontare i problemi di adeguamento per i futuri pensionati”.
Per l’Ocse l’aumento dell’età pensionabile è una priorità per il nostro paese per “garantire benefici adeguati senza minacciare la sostenibilità finanziaria. Ciò significa concentrarsi sull’aumento dei tassi di occupazione, in particolare tra i gruppi vulnerabili. Un mercato del lavoro più inclusivo ridurrebbe anche il futuro tasso di utilizzo delle prestazioni sociali per la vecchiaia”.