Pensioni: la previdenza complementare ignorata da chi ne ha bisogno

L'adesione ai fondi integrativi è maggiore tra i lavoratori che beneficiano di retribuzioni migliori e di lavori più stabili

All’inizio del 2010 il rapporto tra pensione e ultima retribuzione è ulteriormente diminuito. Ma pochi se ne sono accorti e se ne preoccupa chi è già relativamente protetto. E’ questo quanto emerge dallo studio realizzato dal Centre for applied research in finance in collaborazione con l’università Bocconi di Milano.

A fine dicembre 2009 gli iscritti a forme pensionistiche complementari ammontavano a oltre 5 milioni con un incremento, su base annua e al netto delle uscite, del 4,7%, in rallentamento rispetto al 2008. Il rendimento medio aggregato delle forme pensionistiche complementari nel 2009 è stato dell’8,5%per i fondi negoziali i e dell’11% per i fondi aperti; per i piani individuali il rendimento è stato del 16,5%. Nello stesso periodo, il tasso di rivalutazione del Tfr si è attestato al 2%.

Tra i punti di attenzione, il Centro segnala la scarsa attenzione alla fase di erogazione delle rendite, l’asimmetria tra lavoratori privati e pubblici (esclusi dai fondi pensione collettivi) e il rischio che a fare ricorso alle pensioni private sia chi ne ha meno bisogno.

Per questo è necessario – sostiene il centro di ricerca – procedere a un’adeguata educazione previdenziale. In questo ambito andrebbe sviluppata la conoscenza delle nuove regole introdotte nel 2010 per il calcolo della pensione pubblica, che comporteranno una forte riduzione del rapporto tra la pensione e l’ultima retribuzione percepita dal lavoratore (il cosiddetto “tasso di sostituzione”) “E’ necessario riflettere sulle conseguenze che avranno le modifiche dei coefficienti di trasformazione sulle pensioni future”, afferma Francesco Vallacqua, uno degli autori della ricerca.
“Non si può tacere infatti che il sistema pensionistico delineato dal legislatore con la riforma Dini è centrato su un modello, quello del lavoro a tempo indeterminato, dal quale tuttavia, dal 1995 ad oggi, ci si è notevolmente discostati”. Infatti, come annotato recentemente dalla Covip (la commissione che vigila sui fondi pensione) l’adesione ai fondi pensione privati è maggiore tra i lavoratori che beneficiano di retribuzioni migliori e di lavori più stabili, e dunque al momento del pensionamento godranno di prestazioni più elevate. Si registra quindi una situazione paradossale, visto che la previdenza complementare risulta maggiormente diffusa tra coloro che ne hanno meno bisogno. È necessario dunque lavorare ancora per avvicinare ai fondi pensione i lavoratori precari e a reddito medio basso.

Infine, il rapporto rileva che i fondi pensione italiani sono oggetto di un trattamento peculiare, rispetto ad altri paesi, in tema di limiti agli investimenti. La legge pone infatti forte attenzione al contenimento del rischio finanziario e alla diversificazione, vincolando l’autonomia dei gestori. Occorre – è la conclusione – verificare se, dopo la crisi, queste regole verranno mantenute o cambiate, come suggerito da alcune modifiche legislative da tempo in cantiere.