Niente flessibilità in uscita per correggere il ripido innalzamento dell’età pensionabile, con tutti gli effetti collaterali, dagli esodati in giù, introdotto dalla riforma Fornero del 2011. Con tutta probabilità la questione previdenza sarà infatti esclusa dalla prossima legge di Stabilità. Il motivo? Al solito, è la mancanza delle necessarie coperture. “Non ci sono le coperture – dicono senza mezzi termini a Palazzo Chigi -. Dovremmo aprire un negoziato con la Commissione di Bruxelles ma quello lo faremo per strappare più flessibilità sui parametri legati agli investimenti, non per la spesa pensionistica”.
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SEGNALI – I primi segnali si erano già colti a Cernobbio, dove i rappreasentanti del Governo si sono tenuti ben lontani dall’argomento previdenziale dinanzi alla platea di imprenditori. Mantenere inalterata la riforma Fornero mentre ci si appresta ad aprire una trattativa non facile con Bruxelles per strappare margini di flessibilità nel rispetto dei parametri, significa per il governo presentarsi con il profilo del negoziatore affidabile. Anche il premier Renzi, dunque, avrebbe cambiato idea. O almeno allungato i tempi per realizzare quella che qualche mese fa era sembrata la sua proposta: “Se una donna a 62 anni preferisce stare con il nipotino rinunciando a 20-30 euro, allora bisognerà trovare le modalità per cui, sempre con attenzione ai denari, si possa permettere a questa donna di andarsi a godere i nipotini”. L’attenzione ai denari è prevalsa. Il ministro Padoan l’aveva in qualche modo preannunciato venerdì scorso in un’intervista al Quotidiano nazionale : “La flessibilità in uscita dal mondo del lavoro – aveva affermato – è importante ma non è detto che l’affronteremo quest’anno”. (Continua sotto)
REAZIONI – I sostenitori della flessibilità in uscita sostengono che nel lungo periodo i costi si compensano, poichè introducendo delle penalizzazioni sull’assegno l’esborso per l’Inps sarebbe inferiore. Nell’immediato, però, i costi potrebbero impennarsi ed è questa prospettiva che il governo non è certo di poter fronteggiare. Resta così spiazzato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che sempre da Cernobbio era tornato – per quanto assai cautamente – a indicare tra le opzioni possibili quella di introdurre criteri di flessibilità per consentire a determinate platee di lavoratori di abbandonare il lavoro prima di aver compiuto l’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia (66 anni e sette mesi dal prossimo anno, per gli uomini e le donne del pubblico impiego e un anno di meno per le donne del privato).
Immediata la reazione del presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. “Se ciò che viene attribuito alla presidenza del consiglio dalla stampa fosse vero sarebbe un fatto negativo. Da una parte si uccide la speranza di quanti aspettavano questa soluzione che era stata annunciata dallo stesso premier e dal ministro del Lavoro per risolvere situazioni anche drammatiche tipiche di chi superata una certa soglia di età, i 60 anni, è rimasto senza lavoro, non ha una pensione né ammortizzatori sociali e difficilmente troverà una ricollocazione. Inoltre si rallenta la possibilità di assumere i giovani attraverso il ricambio del turn over. Mi auguro che sul tema delle pensioni ci sia un confronto che chiarisca come il governo intenda muoversi anche di fronte a proposte del Parlamento. Aggiungo che a fronte di risorse necessarie per avviare la flessibilità ci sarebbero nel medio-lungo periodo risparmi compensativi”.