Pensioni, Boeri: “Con quota 100 si perdono 500 euro al mese”

Secondo il presidente dell'Inps, andare in pensione con quota 100 potrebbe costare a un lavoratore pubblico anche 500 euro al mese

Un lavoratore che decidesse di andare in pensione con quota 100 a 62 anni e 38 di contributi, in anticipo di cinque anni rispetto all’età di vecchiaia, potrebbe dover rinunciare a circa il 21% rispetto all’assegno che avrebbe preso a 67 anni. In pratica, potrebbe perdere 500 euro al mese.

E’ il presidente dell’Inps, Tito Boeri, a fare i conti in tasca ai dipendenti pubblici che usufruiranno del pensionamento anticipato messo a punto dal governo lega-M5S.

A lasciare il lavoro anticipatamente, inoltre, stima ancora Boeri, saranno “poco meno di 400mila lavoratori”. Un numero, ragiona ancora, limitato dalla norma che prevede il divieto di cumulo reddito-pensioni e che costituisce “un deterrente”, almeno per alcuni, al pensionamento. Ma i costi che lo stato dovrebbe sostenere per controllare il rispetto del divieto sarebbero così alti e la platea di ‘evasori’ così incerta che, si chiede ancora Boeri “se ne valga la pena”.

Lo stop al cumulo, dice Boeri, “è tutt’altro che ovvio e costituisce un’operazione gestionale complessa sopratutto per la parte relativa alle ispezioni necessarie alla verifica del rispetto del divieto che significa impiegare risorse importanti per controllare se le persone in pensione lavorano o meno. Mi chiedo se vale la pena spendere tutte queste risorse per controllare se in pochi dovessero lavorare dopo la pensione”, osserva.

Per il presidente dell’Inps il pacchetto complessivo sul fronte pensioni (da quota 100 a opzione donna, dall’Ape social al blocco delle aspettative di vita) si tradurrà in un incremento della spesa previdenziale nei prossimi 10 anni di 140 miliardi.

Quanto alle risorse che potrebbero essere risparmiate con il taglio delle pensioni d’oro – che il governo intende inserire nella legge di stabilità – secondo le stime elaborate dall’Inps dalla sforbiciata che si attesta sui 90mila euro lordi annui (4.500 euro netti al mese) si potrebbero ottenere risparmi pari a 150 milioni di euro l’anno che potrebbero arrivare a 300 milioni solo abbassando la soglia a 78 mila euro lordi all’anno pari a circa 3.800 euro lordi al mese.

Cifre dunque lontane da quelle stimate dall’esecutivo, che conta di racimolare dall’intervento equitativo 1 miliardo di euro. Altro modo di superare i 150 milioni di risparmio, spiega ancora Boeri, è quello di stimolare quanto più possibile il prepensionamento per poi riservarsi di intervenire tagliando queste pensioni o, ancora, “cambiare il provvedimento e disegnare un intervento perequativo” sulla falsa riga di quello già effettuato dal governo Letta. Una eventualità possibile, per Boeri, considerato che lo stop alla perequazione per gli assegni pari a 6 volte il minimo, sopra i 2.500 euro netti al mese, esaurirà i suoi effetti proprio nel 2019.

Nel corso dell’audizione, Boeri affronta poi il tema del condono contributivo. Per il presidente dell’Istituto di previdenza, questa misura “avrebbe un effetto devastante sui conti dell’Inps”. “Non abbiamo elementi sufficienti per capire l’impatto di un intervento in questo senso ma sicuramente il condono contributivo al contrario di quello fiscale indurrebbe anche un comportamento opportunistico da parte degli evasori sul fatto che prima o poi potrebbe arrivare un altro condono”, spiega Boeri, ribadendo come gli effetti si siano già fatti sentire al “solo parlare di condono contributivo: la nostra riscossione è già inferiore a quella attesa”, conclude.

In collaborazione con Adnkronos

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