Un periodo movimentato sul fronte delle pensioni. “Movimentato” è un eufemismo, diciamo pure caotico: riforme che si susseguono e si sovrappongono, tagli per esigenze di bilancio, ingiunzioni che ci arrivano dall’Europa. Mettere ordine nell’attuale quadro previdenziale italiano non è facile. Ma è necessario: per chi si crede sulla soglia della pensione e scopre invece di dover aspettare ancora. O per chi è ancora lontano e vuol (provare a) capire il “quanto“ e il “quando“ del suo futuro assegno.
E anche “periodo” e un termine vago. Sono anni che ci si “diletta” con le riforme pensionistiche. Ma è dal 2009 che il “nuovo corso” ha cominciato a diventare operativo e ancor di più dal 1° gennaio scorso con l’entrata in vigore della riforma Prodi del 2007, a cui si è poi aggiunta più di recente la legge Sacconi, e l’ultima manovra correttiva del governo Berlusconi.
Tutti interventi fondamentali per il destino pensionistico degli italiani. Ma tutti all’insegna del giro di vite: la necessità di contenere una spesa previdenziale ormai insostenibile in un paese che invecchia e con una crisi economica che non aiuta. Insomma lavoreremo di più e prenderemo meno di pensione. Vediamo perché.