Il paradigma pensioni cambia e cambierà sempre più in futuro in seguito alle diverse Riforme Pensioni che sono intervenute nel tempo, a partire da quella varata nel 1995 dal Governo Dini che ha introdotto gradualmente un nuovo sistema di calcolo delle pensioni: il metodo contributivo al posto di quello retributivo.
IL METODO RETRIBUTIVO – Il metodo retributivo, in vigore prima del 1995, legava invece l’importo degli assegni alla media degli stipendi percepiti dal lavoratore prima di andare in pensione, permettendo al pensionato di mantenere più o meno lo stesso tenore di vita precedente al pensionamento. L’importo della pensione veniva calcolato sulla media dei redditi:
- degli ultimi 10 anni di lavoro per i dipendenti;
- degli ultimi 15 anni di lavoro per gli autonomi;
- nella misura del 2% di questa media per ogni anno di contribuzione.
METODO CONTRIBUTIVO – Sono dunque le pensioni dei giovani sotto i 35 anni di età a prospettarsi sempre più magre, perché calcolate interamente con il metodo contributivo. Il criterio è semplice: il metodo contributivo lega l’importo dei futuri assegni pensionistici ai versamenti previdenziali effettuati nel corso della carriera. Più si versa, più alta sarà la pensione.
L’importo della pensione viene calcolato sui contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa (cosiddetto “montante contributivo”). L’ammontare dei contributi viene rivalutato in base all’indice Istat delle variazioni quinquennali del Pil e moltiplicato per il coefficiente di trasformazione, aggiornato ogni 3 anni (dal 2019 ogni due) e variabile, in base all’età del lavoratore al momento della pensione.
L’aggravante del calcolo pensionistico con sistema contributivo è la rivalutazione. Il quadro dei contributi previdenziali versati – spesso già di per sé carente per via di una vita lavorativa oggi sempre più discontinua – va a sommarsi l’effetto della variazione media del Prodotto Interno Lordo (PIL) nominale degli ultimi cinque anni (per quest’anno, comunicato dall’INPS con Messaggio n.1130/2016) che va a rivalutare il conto contributivo. In sostanza: se il PIL cresce poco, anche i contributi accantonati dai lavoratori si rivalutano poco e la pensione futura rimane piuttosto esigua.
Per fare un esempio attuale: eventuali 1.000 euro di contribuzione accantonati nel 2014, con il calcolo della pensione con sistema contributivo, varranno nel 2016 solo 1.005,05 euro.
Anche il meccanismo che lega l’importo delle future pensioni con l’andamento dell’economia italiana, è parte della revisione al sistema previdenziale effettuata nel 1995 (Riforma Pensioni Dini) e a farne le spese sono ancora una volta i più giovani.
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