Le pensioni sono un tema caldissimo, su cui purtroppo governa la disinformazione. Pubblico di seguito l’intervento di un lettore e la mia risposta.
Buongiorno Dott. Beniamino Piccone
Leggo con interesse i suoi articoli su “Qui Finanza”. Ultimamente, in particolare, quelli relativi alle pensioni |
Caro sig. C.,
Io non ho mai parlato di pensioni d’oro. Ho parlato delle numerose aberrazioni presenti nel nostro sistema pensionistico che danneggiano chi lavora – i giovani in particolare – e favoriscono chi è andato in pensione con importi ben superiori ai contributi versati e rivalutati.
Al fine di dimostrare che ciò che rileva sono i contributi versati, ho specificato che i magistrati – beneficiando di stipendi elevati – hanno versato in media contributi cospicui e quindi meritano – nel 90% dei casi – pensioni elevate (in media 103 mila euro lorde l’anno).
Non esistono pensioni troppo alte o troppo basse in assoluto. Esistono pensioni che non hanno alcun collegamento con i contributi versati. E qui sta il male, perché in questo modo si sussidiano persone che non lo meritano affatto perché hanno altri redditi.
Lei è stato dirigente in una società per cui beneficiando nel calcolo della pensione del sistema retributivo, posso presumere che la sua pensione sia sproporzionata rispetto ai contributi versati. Forse varrà la pena che dedichi un articolo al Fondo dei dirigenti privati, INPDAI (Istituto Nazionale Previdenza per i Dirigenti di Aziende Industriali), ossia del fondo di previdenza dei manager d’azienda: esisteva un fondo privato che è stato assorbito dall’Inps, per evitare il fallimento, dato dall’erogazione di pensioni insostenibili rispetto ai contributi versati.
In particolare è da commentare la sua affermazione: “oltre ad aver versato contributi cospicui, negli anni che vanno dal 1970 al 2000 circa, i rendimenti finanziari erano altissimi…. attorno al 25%. Conseguentemente il rendimento che l’INPS ricavava attorno a quelle cifre”. Questa è la più grande panzana che si sente dire in continuazione, frutto di ignoranza abissale. Ignoranza nel senso di ignorare come funziona il sistema previdenziale.
Con il sistema a ripartizione attualmente vigente, i contributi versati oggi servono per pagare le pensioni ai pensionati di oggi. L’INPS non investe alcunché, non compra azioni Google, Amazon, Apple, Facebook! Versa ai pensionati e lo Stato, visto che quello che incassa non basta, ogni anno copre il deficit pensionistico per circa 40 miliardi di euro. Significa che le imposte e tasse incassate (IVA, Irpef, Irpeg, accise….) servono per pagare le pensioni, ben superiori ai contributi versati. L’INPS non ha investito né mai investirà né in azioni né in obbligazioni. Basta parlare di rendimenti altissimi, perché non avviene mai alcun investimento.
Un’ulteriore aggravante è la seguente: mentre i contributi versati dai lavoratori sono indicizzati alla media della crescita del Pil degli ultimi 5 anni, le pensioni sono indicizzate ai prezzi (Istat), per cui il pensionato vede rivalutata la pensione (fino a 1.500 euro), mentre il lavoratore non beneficia della rivalutazione dei contributi perché il Pil scende.
Lei dice: ” i giovani, incluso anche mia figlia, non hanno i benefici che io avevo (rendimenti) per cui la loro pensione sarà magra cosa”. Giovani cornuti e mazziati, pagano le pensioni con i contributi e le imposte sul reddito che non consentono loro di crearsi una posizione in un fondo pensione. La crescita del Paese sarà sempre bassa fino a che la pressione fiscale sarà pervasiva e soffocante. Se non si capisce che le pensioni elevate dei “retributivi” danneggiano figli e nipoti, passi avanti non ne faremo.
La mia proposta, per evitare che i pensionati bercino senza sapere, è di indicare nello statino della pensione l’importo del sussidio ricevuto, dato dalla differenza tra importo calcolato col metodo retributivo e contributivo. Se un soggetto sapesse ogni mese che suo figlio gli paga 1.000 euro di sussidio, almeno non interverrebbe sui siti web per insultare chi mette le cose in chiaro. Come cantava Caterina Caselli, “la verità fa male”.
Un caro saluto
B. Piccone