Le pensioni privilegiate dei sindacalisti: un pessimo esempio

Gli scandalosi privilegi pensionistici dei sindacalisti: come dare il cattivo esempio

Gli scandalosi privilegi pensionistici dei sindacalisti: come dare il cattivo esempio

Nella meritevole campagna informativa dell’Inps  – come sono cambiati i tempi da quando è arrivato il Prof. Tito Boeri, altro che le opacità della gestione Mastrapasqua! – emerge come i sindacalisti costituiscano una delle tante caste del Paese dei privilegi pensionistici.

Andiamo subito al punto. Le pensioni dei sindacalisti sono mediamente più alte di quelle dei lavoratori dipendenti. Quindi chi rappresenta i lavoratori, utilizza questa delega per averne dei benefici personali. Siamo alla verità di Guicciardini, che spiegava come l’italiano si muova solo per il proprio “particulare”.  (Continua sotto)

Guardiamo i dati dell’Inps che sono incontrovertibili. Qui le chiacchiere stanno a zero. Per i sindacalisti in distacco (“Con il distacco sindacale retribuito, al lavoratore che ricopre una carica sindacale è consentito di sospendere l’attività lavorativa, completamente o parzialmente, per potersi dedicare allo svolgimento dell’attività sindacale) delle Pubbliche amministrazioni è previsto l’istituto della contribuzione aggiuntiva. Il versamento della contribuzione aggiuntiva  ha riflessi importanti sul livello della pensione, soprattutto per i dipendenti pubblici che si trovano nel regime misto o in regime retributivo ante riforma Fornero. Infatti, i periodi di contribuzione aggiuntiva vengono riconosciuti ai fini del calcolo della quota di pensione determinata per le anzianità maturate fino al 1992 (la cosiddetta quota A). In modo scandaloso, la quota A di pensione è determinata sulla base della retribuzione percepita l’ultimo giorno di servizio, generando un buco pensionistico enorme, poiché si riceverà una pensione nettamente superiore ai contributi maturati rivalutati. Un esempio: l’ex leader della Cisl Raffaele Bonanni si è fatto aumentare gli emolumenti nel periodo direttivo (336mila euro l’anno!) per poi ritirarsi con una pensione da capogiro, pari a oltre 8mila euro lordi al mese (5.391,50 netti).

In sintesi la pensione complessiva dei sindacalisti del settore pubblico vola, cosa che non è possibile per tutti gli altri lavoratori. Come si può vedere nel grafico a fianco, la pensione lorda – in assenza del trucco di aggiungere i contributi alla quota A sarebbe sempre più bassa – in media del 27% con punte del 66%.

Grafico pensioni dei sindacalisti effettivamente percepite e ricalcolate escludendo la contribuzione aggiuntiva dalla quota A

Oltre a quanto detto, le pensioni assurde dei sindacalisti inducono coloro i quali (i “retributivi”) ricevono ogni mese un sussidio – vedi mia risposta al lettore Alberto P. – a ritenere di essere nel giusto, poiché c’è qualcuno che ne ha uno maggiore. E i giovani rimangono cornuti e mazziati, con un debito pubblico e un debito pensionistico immensi, maggior ragione con la longevità degli italiani. Possono ringraziare la generazione sessantottina.
Ha perfettamente ragione Ezio Gallori, per lungo tempo sindacalista della Cgil: “Negli anni il sindacato è diventato una professione. Stipendi da paperoni e pensioni parecchio ingrassate. I sindacati si sono dimenticati di difendere i lavoratori e pensano solo a loro stessi. Giuseppe di Vittorio mi sa che si rigira nella tomba a vedere i sindacalisti di oggi”.

A cura di Beniamino Piccone
Docente di Sistema Finanziario e Private banker