Dopo l’allarme Ape social, lanciato dai dirigenti del patronato Inca-Cgil in seguito alla gran quantità di richieste che l’Inps ha respinto (circa il 70%, secondo alcune valutazioni), il ministero del Lavoro ha chiesto di riaprire la partita e utilizzare criteri di valutazione meno rigidi e burocratici.
SI ALLARGA LA PLATEA – È dunque partito il riesame delle domande respinte. In particolare, nel valutare le domande le sedi dell’Istituto daranno un’interpretazione più favorevole su due punti delicati: lo status di disoccupato e l’utilizzabilità dei periodi contributivi all’estero. Potrà quindi percepire l’anticipo anche chi ha svolto attività occasionali, ad esempio retribuite attraverso i voucher. Attività che in base alle normative vigenti non interrompono la condizione di disoccupazione.
COS’È L’APE SOCIAL – L’Ape social è un assegno riconosciuto dallo Stato, per gli iscritti a una delle gestioni Inps che possiedono almeno 63 anni di età e 30 o 36 anni di contributi, a seconda della categoria di appartenenza dell’interessato. L’assegno accompagna il lavoratore sino all’età della pensione di vecchiaia (dal 2018 66 anni e 7 mesi per tutti, uomini e donne), ed è calcolato come la futura pensione, ma non può superare 1.500 euro.
CHI PUO’ RICHIEDERLO – Possono chiedere l’Ape social gli appartenenti alle seguenti categorie:
- lavoratori che risultano disoccupati a seguito di licenziamento, anche collettivo, o di dimissioni per giusta causa;
- lavoratori che assistono, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, ai sensi della Legge 104;
- lavoratori che possiedono un’invalidità uguale o superiore al 74%;
- lavoratori che hanno prestato per almeno 6 anni, negli ultimi 7, un’attività lavorativa particolarmente difficoltosa o rischiosa.
In collaborazione con Adnkronos
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