Tik Tok, la celebre app cinese per la condivisione di video ‘leggeri’ e simpatici che sta spopolando in tutto il mondo, è finita nel mirino del CFIUS statunitense (Comitato sugli Investimenti Esteri negli Stati Uniti d’America), l’organo che analizza le implicazioni per la sicurezza nazionale degli investimenti stranieri nella terra a stelle e strisce.
A oggi TikTok, che è stata lanciata nel 2017, è l’app più scaricata al mondo. Soltanto negli Usa è finita 122 milioni di volte sugli smartphone. Ma che cosa è che intimorisce? Che cosa è che fa paura? La risposta è piuttosto semplice: l’app è di proprietà di una società cinese, ByteDance, fondata nel 2012.
ByteDance ha sede a Pechino e nel 2017, per 1 miliardo di dollari, ha acquisito Musical.ly (con sede a Shanghai). Quest’ultima aveva degli uffici a Santa Monica (California) e già godeva di un buon seguito negli Stati Uniti e, più in generale, nel mondo, avendo all’attivo circa 60 milioni di utenti mensili. Dopo l’acquisizione, che è ora al vaglio del CFIUS, ByteDance ha fatto piazza pulita di Musical.ly e creato TikTok. Attualmente l’azienda ha un valore di 75 miliardi di dollari ed è una delle startup tecnologiche più preziose a livello globale.
Il punto è che Tik Tok è cinese e la Cina, come è noto, è un paese che è in ‘lotta’ su svariati fronti con gli Usa, oltre ad avere, rispetto agli americani, visioni differenti su diverse questioni socio-politiche: in questo caso i riflettori sono puntati sul concetto di censura e sulla divulgazione di determinati contenuti in rete. In aggiunta, c’è il timore che i dati dei cittadini statunitensi finiscano in mani cinesi.
Vanessa Pappas, direttrice generale americana di TikTok, sostiene che i suoi “moderatori” a stelle e strisce, nel veicolare contenuti per il mercato statunitense, non abbiano mai preso ordini da Pechino. Pappas ha anche dichiarato che l’app mira a un aspetto ‘leggero’ e divertente della vita, senza avere ‘implicazioni’ politiche come Facebook e You Tube. Inoltre ha assicurato che da Pechino ha avuto “piena autonomia su decisioni che riguardano la moderazione dei contenuti”.
Tutto fila liscio? Secondo il Washington Post, non proprio. Il giornale ha intervistato alcuni ex dipendenti statunitensi di TikTok, i quali hanno detto che in realtà le decisioni definitive sono prese a Pechino. Pappas ha replicato sostenendo che le circostanze, rispetto al passato, sono cambiate. La direttrice Usa, in merito a ByteDance, ha affermato che ora la società “capisce di poter meglio gestire l’app senza che i dirigenti a 10.000 miglia di distanza vengano coinvolti” nelle decisioni riguardanti gli Stati Uniti.
Tuttavia gli esperti occidentali del ‘mondo’ cinese nutrono delle certezze: se da Pechino fiutano una qualsiasi linea non consona al Partito Comunista, gli interventi non tarderanno ad arrivare.
Alla luce di tutto questo, le autorità americane stanno cercando di capire se l’applicazione potrebbe essere pericolosa per la sicurezza nazionale. La paura principale è che i dati memorizzati degli utenti possano finire in mani ‘orientali’ in quanto ByteDance è comunque tenuta a rispettare le leggi cinesi.
TikTok, dal canto suo, ha cercato di rassicurare, spiegando che la Cina non ha giurisdizione sul contenuto dell’app. La società si dice disposta a conquistare la fiducia degli utenti e dei legislatori americani promettendo di non far ricorso alla censura del governo cinese al di fuori della Cina. L’azienda ha inoltre rammentato che TikTok non è attiva in Cina dove invece è usata la ‘gemella’ Douyin.