Taglio cuneo fiscale, ecco di quanto aumenterebbe la busta paga

Confindustria propone una soluzione contro la crisi che aumenta le difficoltà economiche di famiglie e imprese. E assicura che le risorse per sostenerla ci sono

Tra inflazione, rincaro dei carburanti e prezzi alle stelle, consumatori e imprese italiani fanno sempre più fatica a reggere il peso economico della crisi. Si tratta di un tema caldissimo, al centro delle iniziative di Governo e anche di realtà come Confindustria.

All’Assemblea 2022 di Unindustria il presidente della Confederazione, Carlo Bonomi, ha proposto di “mettere più soldi nelle tasche degli italiani” attraverso una strategia che punta sul taglio del cuneo fiscale e non sulla detassazione degli aumenti salariali.

Uno stipendio in più: ecco a chi spetterebbe

Per contrastare l’affanno di famiglie e aziende, Carlo Bonomi lancia un appello al Governo Draghi per “un taglio forte e serio di 16 miliardi di euro”. Stando ai calcoli di Confindustria, in questo modo potrebbero finire nelle tasche degli italiani 1.223 euro, vale a dire una mensilità in più per tutta la vita lavorativa (qui spieghiamo come chiedere un’integrazione dello stipendio all’Inps).

La proposta del presidente di Confindustria è, in soldoni, quella di tagliare il cuneo fiscale per i redditi fino a 35mila euro. “Noi mettiamo 619 euro di nostra competenza. Li paghiamo noi per i lavoratori. Così possiamo portare il cuneo per questa fascia al 40,8%, sotto la media europea”, assicura Bonomi.

Il nodo risorse: la proposta di Confindustria è sostenibile?

A chi gli chiede dove verrebbero reperite le risorse per sostenere una tale soluzione, Bonomi risponde secco: “Le risorse ci sono, sono 35 anni che aspettiamo le riforme”. Nello specifico, arriverebbero da una riorganizzazione della spesa pubblica e dall’extra gettito fiscale.

Nel Def si parla infatti di 38 miliardi di euro di introiti in più dal gettito fiscale per il 2022. Una mole di denaro “che pagano già famiglie e imprese”, evidenzia il presidente di Confindustria.

I numeri danno ragione a Bonomi?

La proposta di Bonomi richiederebbe dunque un intervento statale per 16 miliardi di euro. Come spiega lo stesso presidente di Confindustria, oggi il cuneo fiscale contributivo viene pagato per due terzi dalle imprese e per un terzo dal lavoratore. È qui che interverrebbe la “rivoluzione”: la richiesta è di rovesciare questo rapporto, garantendo due terzi del beneficio al dipendente.

Stando ai dati, parliamo di una stima di quasi 11 miliardi di euro ai lavoratori e poco più di 5 miliardi per le imprese. Per i primi il cuneo fiscale scenderebbe al 40,8%, al di sotto della media europea. Un taglio netto di 5,24 punti percentuali, di cui 3,49 per i lavoratori e 1,75 per i datori di lavoro (intanto cambiano gli importi in busta paga: chi ci guadagna di più).

Perché non basta intervenire sugli stipendi

Dal canto suo, il Ministero del Lavoro propone di legare gli aiuti alle imprese agli aumenti salariali dei dipendenti. Una strategia giudicata non vincente dal numero uno degli industriali italiani. A causa dei rincari sui prezzi di materie prime ed energia, le aziende non hanno infatti la possibilità di intervenire sugli stipendi.

“Non c’è più spazio per gli aumenti, tanti o pochi che siano”, afferma ancora Bonomi. E poi rincara la dose: “Chi fa il paradigma ‘se faccio pagare meno l’aumento salariale tu ne dai di più’ è gente che non ha mai fatto un giorno di fabbrica, specie in questo periodo”.