I dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità aggiornati a venerdì 22 ottobre mostrano come in Italia – nonostante il successo della campagna vaccinale e l’obbligo di Green pass progressivamente esteso – esista ancora una parte considerevole di cittadini che non vuole essere immunizzata.
A distanza di quasi dieci mesi dal Vacine Day (era il 27 dicembre 2020, data simbolo per un’Europa che iniziava ufficialmente a inoculare le prime dosi), sono 8,3 milioni gli italiani sopra i dodici anni di età che non hanno ancora ricevuto nemmeno la prima somministrazione.
Tra di loro esiste una minima percentuale di individui che appartengono a categorie esentate per il rischio di problematiche e complicazioni. Per costoro viene consigliato di attendere l’approvazione di dati più certi e verificati da parte delle istituzioni sanitarie, scongiurando così la possibilità che la salute dell’individuo ne risenta.
Per tutti gli altri però la questione riguarda il libero arbitrio. Ossia la possibilità di scegliere se combattere il virus affidandosi ai dati della scienza, oppure se sottrarsi all’immunizzazione collettiva, spesso per diffidenza (ma anche per colpa una campagna informativa non proprio ottimale).
Uno scenario creatosi per la scelta del Governo Draghi di non approvare un obbligo vaccinale che ponesse fine alla questione. L’Esecutivo ha preferito puntare sulla persuasione piuttosto che sulla costrizione (qui le parole del Premier sulla questione).
Ma i numeri di chi preferisce evitare la puntura sono ancora troppo alti e così i partiti di maggioranza (pur con continue divisioni) hanno optato per l’introduzione del Green pass, che da venerdì 15 ottobre è diventato obbligatorio per tutti i lavoratori d’Italia.
Quanti sono i soggetti interessati e cosa rischiano
Ad oggi sono 3,3 milioni i lavoratori che non hanno ricevuto neanche una dose di vaccino. Nella loro condizione, per continuare l’attività professionale è necessario fare un tampone che permetta il rilascio del certificato verde. I test rapidi consentono di ottenere un Green pass con validità di 48 ore, mentre quelli molecolari coprono per le successive 72 ore.
Una nutrita mole di contribuenti composta da 740mila professionisti autonomi e 2,5 milioni di dipendenti. Tra questi ben 2,2 milioni operano nel settore privato, mentre i restanti 344mila sono in carico allo Stato e alle pubbliche amministrazioni.
Secondo quanto indicato dal Governo, chi non riesce (o non vuole) entrare in possesso del Green pass non potrà accedere al posto di lavoro e sarà costretto a rimanere a casa senza stipendio (qui la particolare situazione dei medici No Vax).
I datori di lavoro possono chiedere il certificato ai dipendenti fino a 48 ore prima dell’inizio del turno, mentre sono stati predisposti controlli a campione che dovranno riguardare almeno il 20% dell’azienda. Chi cerca di accedere alle strutture senza permesso rischia una sanzione da 600 a 1500 euro.
Differenze tra regioni, la mappa d’Italia
Dopo una raccolta capillare dei dati forniti a livello locale, la presidenza del Consiglio ha voluto disegnare la mappa d’Italia sulla presenza di No Vax tra i lavoratori delle diverse regioni.
A livello di numeri assoluti, al primo posto troviamo la Sicilia, che annovera sul proprio territorio ben 723mila non vaccinati che comunque continuano a svolgere la propria attività lavorativa.
Al secondo posto si colloca il Veneto, che raggiunge quota 600mila lavoratori non vaccinati (con una forte presenza di impiegati nel settore dell’autotrasporto, che a livello nazionale conta ben il 30% di non immunizzati). A completare il podio il Lazio, con poco più di 200mila lavoratori senza certificato verde.
Lo scenario infine cambia se si prendono in considerazione le percentuali di ogni regione sul totale delle persone impiegate. In questo caso a primeggiare è la Lombardia con l’11,31%, seguita dalla stessa Sicilia (10,98%) e ancora dal Lazio (10,71%).
Di seguito la classifica completa
- Lombardia 11,31%
- Sicilia 10,98%
- Lazio 10,71%
- Campania 9,51%
- Piemonte 7,44%
- Veneto 7,20%
- Emilia Romagna 6,49%
- Toscana 6,08%
- Puglia 5,71%
- Calabria 4,21%
- Sardegna 3,35%
- Liguria 3,20%
- Friuli-Venezia Giulia 2,84%
- Marche 2,66%
- Abruzzo 2,25%
- Trentino-Alto Adige 1,63%
- Umbria 1,48%
- Basilicata 0,94%
- Molise 0,51%
- Valle d’Aosta 0,41%