Domani 15 ottobre potrebbe essere una giornata piena di disagi legati alla circolazione delle merci e delle persone lungo tutta Italia. La data coincide infatti con l’entrata in vigore dell’obbligo di Green Pass sul luogo di lavoro – qui una una guida definitiva con le Faq del governo.
Portuali e autotrasportatori sono sulle barricate. La protesta è molto preoccupante: soprattutto considerando che si tratta, nel secondo caso, di una delle categorie di lavoratori più richieste – qui la storia dell’imprenditore che non riesce a trovare camionisti, neanche a 3mila euro. All’orizzonte si intravedono disagi, ritardi, mancate consegne, etc.
Al centro della protesta ci sono due gruppi di lavoratori i cui membri si distinguono per un’accentuata reticenza alla vaccinazione. Nei portuali i non vaccinati sono il 40%, più che in ogni altra categoria di professionisti. Seguono gli autotrasportatori con il 30% (le stime sono quelle di Conftrasporto-Confcommercio). Si tratta di una buona parte dei 2,5 milioni di lavoratori non vaccinati in Italia, di cui 2,2 lavorano nel settore privato.
Perché protestano e cosa chiedono i portuali di Trieste
Il centro della protesta è il porto di Trieste. Si conta che su 950 lavoratori, il 40% non sia in possesso di Green Pass. Il coordinamento dei lavoratori ha chiesto una “abolizione del Green Pass” e minaccia il blocco totale della circolazione navale. La richiesta iniziale è stata successivamente ridimensionata. I rappresentanti dei lavoratori portuali hanno proposto un posticipo al 30 ottobre dell’entrata in vigore dell’obbligo di tampone o di vaccinazione. Il tentativo è quello di avere più tempo per cercare un compromesso con l’esecutivo.
Da Trieste, la protesta e le minacce di scioperi si sono allargate ai porti di La Spezia, Savona, Livorno, Gioia Tauro, Civitavecchia, Genova.
I nodi del 15 ottobre: i vaccinati con Sputnik e chi deve pagare i tamponi
Un altro punto interrogativo riguarda i conducenti di tir che arrivano dall’Est Europa, da paesi, cioè, in cui la campagna di vaccinazione si è fatta con il preparato russo Sputnik, non riconosciuto in Italia.
Anche sul tampone si è consumato uno scontro allo stesso tempo politico e sindacale. Ad esempio, Matteo Salvini e Giorgia Meloni vorrebbero che a pagare per il test fosse lo Stato, ma a una simile soluzione il governo sarebbe contrario. Confindustria, il sindacato degli industriali, rema contro un’altra ipotesi tra quelle in campo. Quella di chi vorrebbe far carico le aziende del costo dei tamponi.