Università, ecco le lauree che resistono alla crisi: medici, ingegneri e…

Il Rapporto Almalaurea 2022 scatta una fotografia a luci ed ombre: : i laureati promuovono l’università, il sistema non promuove i laureati

Migliora il tasso occupazionale a un anno dalla laurea segnando +2,9 punti percentuali rispetto al 2019 per i laureati di secondo livello e +0,4 punti per i laureati di primo livello. Anche le retribuzioni risultano in aumento: rispetto all’indagine del 2019 si rileva +9,1% per i laureati di primo livello e +7,7% per quelli di secondo livello. Per contro, il mercato del lavoro tratteggia un quadro di instabilità per i neo-laureati con un aumento dei contratti a tempo determinato, una sfiducia nelle istituzioni e, al contrario, un’ampia fiducia nella tecnologia, nella rete di relazioni sociali e nella famiglia, fattori cruciali per il miglioramento delle possibilità occupazionali e professionali dei laureati.

In generale la valutazione dell’università è positiva: l’88,8% dei laureati si dichiara soddisfatto per il rapporto con i docenti e il 72,9% confermerebbe la scelta compiuta sia di corso sia di ateneo. Permangono divari di genere, territoriali e sociali, che suggeriscono l’importanza degli investimenti nell’orientamento, nella stabilizzazione contrattuale e nelle retribuzioni, ancora non in linea con i parametri europei. Questo, in sintesi, il quadro che emerge dal XXIV Rapporto AlmaLaurea, sul Profilo e sulla Condizione Occupazionale dei Laureati, presentato ieri nella sede dell’Università di Bologna.

Occupazione sì ma a termine

Nel 2021 il tasso di occupazione è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,5% tra i laureati di primo livello e al 74,6% tra i laureati di secondo livello del 2020. Un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione si registra rispetto al 2019 segnando un +2,9% per i laureati di secondo livello; per i laureati di primo livello l’incremento è più contenuto e pari a +0,4%. N

In questo quadro, sostanzialmente positivo sulle performance occupazionali dei laureati, è opportuno rilevare che la forma contrattuale più diffusa nel 2021, a un anno dal conseguimento dal titolo, è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda circa il 40% degli occupati (41,4% laureati di primo livello e 38,5% laureati di secondo livello). Rispetto alla rilevazione del 2019 l’incremento è pari a +2,6 punti percentuali per i laureati di primo livello e +4,9 punti quelli di secondo livello.

Nel 2021, a cinque anni dal titolo, la forma contrattuale più diffusa è il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato, che coinvolge oltre il 50% degli occupati (65,5% tra i laureati di primo livello e 55,8% tra quelli di secondo livello). Per quanto riguarda il lavoro autonomo la quota si attesta al 9,4% tra i laureati di primo livello e al 19,8% tra i laureati di secondo livello, e il contratto non standard (in particolare alle dipendenze a tempo determinato) riguarda il 15,8% dei laureati di primo livello e il 17,4% di quelli di secondo livello.

Retribuzioni in aumento

La retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è nel 2021, in media, pari a 1.340 euro per i laureati di primo livello e a 1.407 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2019 si rileva un aumento: +9,1% per i laureati di primo livello e +7,7% per quelli di secondo livello.

Anche a cinque anni dalla laurea il tasso di occupazione è in aumento. Nel 2021 è pari a 89,6% per i laureati di primo livello e a 88,5% per quelli di secondo livello. Nel 2019 erano rispettivamente 88,7% e 86,8%.

La retribuzione mensile netta a cinque anni dal titolo è pari a 1.554 euro per i laureati di primo livello e 1.635 euro per i laureati di secondo livello, con un aumento rispetto al 2019 rispettivamente di +8,3% e +7,3%.

Quali sono i più richiesti

Tra i laureati magistrali biennali del 2016 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo il rapporto evidenzia rilevanti differenze tra i vari gruppi disciplinari. I laureati dei gruppi in informatica e tecnologie ICT, ingegneria industriale e dell’informazione, architettura e ingegneria civile e quelli del gruppo economico mostrano le migliori performance occupazionali, dal momento che il tasso di occupazione è ovunque superiore al 90,0%.

Sono invece al di sotto della media, in particolare, i tassi di occupazione dei laureati dei gruppi educazione e formazione, arte e design nonché letterario umanistico (il tasso di occupazione è inferiore all’83,0%).

Anche tra i laureati magistrali a ciclo unico, intervistati a cinque anni, AlmaLaurea rileva importanti differenze tra i gruppi disciplinari: i laureati del gruppo medico e farmaceutico hanno le più elevate performance occupazionali, registrando un tasso di occupazione pari al 92,9%. Al di sotto della media, invece, i laureati del gruppo giuridico, dove il tasso di occupazione si ferma all’81,2%.

Se si guarda alle retribuzioni sono i laureati di ingegneria industriale e dell’informazione e di informatica e tecnologie ICT che possono contare sulle più elevate: rispettivamente 1.893 e 1.851 euro mensili netti. Non raggiungono invece i 1.400 euro mensili le retribuzioni dei laureati dei gruppi educazione e formazione, psicologico e letterario-umanistico.

I laureati promuovono l’università

La contrazione della fruizione delle strutture e dei servizi universitari (postazioni informatiche -5,3 punti percentuali, le attrezzature per le attività didattiche, quali laboratori e attività pratiche -4,5 punti percentuali, i servizi di biblioteca -4,7 punti percentuali e gli spazi dedicati allo studio individuale -3,3 punti percentuali) rilevata nel 2021 rispetto al 2020, a causa dell’emergenza pandemica, non ha intaccato il relativo gradimento, che risulta invece in crescita negli ultimi anni. In generale il 90,5% dei laureati si dichiara complessivamente soddisfatto dell’esperienza universitaria appena conclusa. Nel 2011 era pari al 87,1%.

In particolare l’88,8% dei laureati è complessivamente soddisfatto del rapporto con il corpo docente; l’80,9% dei laureati che ne hanno usufruito considerano le aule adeguate; il 72,9% dei laureati sceglierebbe nuovamente lo stesso corso e lo stesso ateneo (quota in crescita rispetto a quanto osservato nel 2011, 68,9%).

Mobilità per motivi di studio

Sono i laureati magistrali biennali quelli più inclini a spostarsi geograficamente per motivi di studio, il 38,9% ha conseguito la laurea in una provincia diversa e non limitrofa a quella di conseguimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado (contro il 25,4% dei laureati di primo livello e il 27,1% di quelli a ciclo unico).

E le migrazioni sono quasi sempre dal Mezzogiorno al Centro–Nord. Il 28,0% dei giovani del Mezzogiorno decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord (16,1% al Nord e 11,9% al Centro). Pertanto, per motivi di studio, il Mezzogiorno perde, al netto dei pochissimi laureati del CentroNord che scelgono un ateneo meridionale, oltre un quarto dei diplomati del proprio territorio.