Scuola, emergenza supplenti: si rischia la procedura di infrazione della UE

L'anno scolastico si apre con una nuova ondata di docenti supplenti

Un altro anno scolastico con decine di migliaia di supplenti, un problema cronico per il quale l’Italia rischia una nuova procedura di infrazione dall’Unione Europea.

L’hanno chiamata “supplentite” ed è la “malattia” che affligge la scuola italiana, incapace di organizzare una vera programmazione della copertura delle cattedre, ritrovandosi ogni volta a settembre con l’emergenza per la mancanza di docenti e la corsa ad accaparrarsi i supplenti.

L’anno scolastico appena iniziato è già nel caos, con numerosi posti vacanti nelle scuole medie e superiori, soprattutto al Centro-Nord. Le materie per le quali mancano insegnanti sono italiano, matematica, lingue e quelle tecnico-scientifiche.

Il problema della carenza di insegnanti è stato aggravato dai pensionamenti anticipati con Quota 100, che hanno portato all’uscita di 33mila docenti dalla scuola, secondo le ultime stime.

Una situazione che provocherà un vero e proprio boom di supplenti per coprire le cattedre vuote. Secondo la Flc Cgil saranno ben 122mila, uno ogni sette cattedre. Secondo altre sigle sindacali il numero sarà molto più elevato: 170mila supplenti (contando anche i 63mila insegnanti di sostegno), uno su cinque insegnanti, secondo la Cisl, e addirittura 200mila secondo Anief.

Una situazione paradossale che lascerà a casa tanti docenti precari abilitati all’insegnamento, mentre affiderà decine di migliaia di cattedre a neolaureati o aspiranti insegnanti senza esperienza.

Come denuncia Anief si tratta di una situazione dovuta alla mancanza di una graduatoria nazionale a cui attingere e all’impossibilità di spostare, a domanda, i vincitori dei concorsi 2016 e 2018 nelle regioni con i vuoti da coprire.

Il concorso docenti, annunciato dall’ex ministro dell’Istruzione Marco Bussetti per l’assunzione di circa 70mila insegnanti, non è mai partito. Nel frattempo, le assunzioni dalle graduatorie a esaurimento sono rese difficili dal fatto che alcune graduatorie non hanno più docenti iscritti.

Per risolvere il problema del precariato, Il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva dato il via libera alle assunzioni a tempo indeterminato (immissioni in ruolo) di docenti per 53.637 cattedre, circa 5mila in meno dei 58.627 posti effettivamente liberi. Una scelta che il Mef aveva giustificato con il forte calo delle iscrizioni degli alunni registrato nell’ultimo biennio.

Il Ministero dell’Istruzione non si era opposto alla decisione del Mef, sapendo già che le effettive assunzioni a tempo indeterminato sarebbero state molte meno delle cattedre autorizzate. Infatti, alla data del 27 agosto scorso, sulle 53.627 assunzioni programmate risultavano essere andate a buon fine solo il 30% delle nomine.

Si calcola che resteranno vacanti tra i 23 e i 25mila posti per assenza di candidati. Anief aveva già previsto che a due convocazioni su tre non si sarebbe presentato alcun docente. Questi posti vacanti saranno coperti dai precari storici, spesso non abilitati.

L’altro problema sono le cattedre ogni anno legate al numero di studenti. Si tratta di oltre 56mila posti, soprattutto per il sostegno, che spesso raddoppiano per via dell’orario spezzato. La Flc Cgil ha ricordato che lo scorso anno questi posti, che costituiscono il cosiddetto organico di fatto, sono stati coperti da 114mila supplenze fino a fine giugno.

Per sopperire alle carenze d’organico, i presidi possono ricorrere alla procedura della “Messa a disposizione” (Mad), un elenco a cui si iscrivono neolaureati o disoccupati, non abilitati, quando danno la loro disponibilità a coprire posti eventualmente vacanti.

Il Decreto Dignità aveva abrogato la norma della legge sulla Buona Scuola che vietava di assegnare supplenze per posti vacanti a docenti che avessero svolto già tre anni di servizio in classe. Quindi i presidi possono utilizzare docenti supplenti e precari anche con oltre 36 mesi di servizio all’attivo.

Vista la mancanza di insegnanti, molto probabilmente i presidi si rivolgeranno a questi precari di lungo corso. Un sistema che è in contrasto con le recenti pronunce della Corte Costituzionale e della Cassazione sul tema e anche con quelle della Corte di Giustizia europea.

Questa situazione espone l’Italia al rischio di una nuova procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea.