Regolarizzare i migranti per salvare la spesa degli italiani: il piano di Bellanova

La ministra delle Politiche agricole sembra accogliere le richieste del settore che spingono per una regolarizzazione dei migranti che lavorano nei campi di tutta Italia

Mentre si ragiona sulla fase 2 dell’emergenza sanitaria e alle possibile road map per le riaperture – dell’economia, del lavoro e del commercio – arriva un appello chiaro e forte da parte della ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova. “Basta con le banalizzazioni degli anni scorsi, gli immigrati non sono nemici”, anzi “siamo noi ad aver bisogno di loro“.

Un settore in ginocchio che chiede un grande piano di intervento, lungimirante e attento, un “Piano Marshall” per l’agricoltura come l’ha definito Coldiretti. Serve, subito, una robusta iniezione di liquidità per una filiera allargata che dai campi agli scaffali vale oltre 538 miliardi, e che l’emergenza Coronavirus ha fatto emergere come assolutamente strategico per l’approvvigionamento del cibo.

Nei campi rabbia e disperazione

Ai microfoni di Circo Massimo su Radio Capital la ministra ha spiegato che il Nord sta soffrendo e c’è difficoltà a far arrivare i lavoratori e le lavoratrici dai Paesi dell’Est: nonostante il “corridoio verde” per le merci, le persone non vogliono spostarsi. “Dobbiamo garantire loro che potranno lavorare in condizioni di assoluta sicurezza”. E poi ci sono i “ghetti, pieni di lavoratori arrivati dal sud del mondo che lavorano nelle nostre campagne in nero”.

Proprio in quei campi stanno montando rabbia e disperazione, “se non si fa qualcosa il rischio è che tra poco ne escano e non certo con un sorriso”. Il problema è evidente: c’è un forte deficit di manodopera. Per questo, sottolinea Bellanova, bisogna mettere anche loro in condizioni di lavorare in modo regolare, anche perché se certi processi non li governa lo Stato, “ci pensa la mafia”.

Un tema caldissimo, che gran parte delle istituzioni, e dell’opinione pubblica, sembra ignorare. Un po’ come ebbe a dire l’ex presidente Inps Tito Boeri riferendosi alle pensioni, l’Italia ha bisogno dei migranti per far fare loro quei lavori che gli italiani – dicono i numeri – non vogliono fare.

Quanti e quali sono gli stranieri impegnati in agricoltura

Nel settore agricolo, secondo gli ultimi dati disponibili, trovano occupazione regolarmente oltre 346mila stranieri provenienti da ben 155 Paesi diversi, che con 30.612.122 di giornate rappresentano ben il 26,2% del totale del lavoro necessario nelle campagne italiane.

La nazionalità di gran lunga più rappresentata è quella rumena, con 110.154 lavoratori, ma ci sono anche indiani (32.370 occupati), impegnati soprattutto nelle attività di allevamento. Al terzo posto, i marocchini (32.826), che precedono albanesi (30.799), polacchi (13.532), bulgari (12.439), tunisini (12.881) e slovacchi (6.337).

Quasi la metà degli stranieri occupati in agricoltura si concentra in 15 province, quelle che di fatto registrano i numeri più alti di lavoratori stranieri: Foggia (5,8%), Bolzano (5,4%), Verona (5,0%), Latina (4,1%), Cuneo (3,8%), Ragusa (3,7%), Salerno (2,6%), Ravenna (2,6%), Cosenza (2,4%), Trento (2,3%), Ferrara (2,2%), Forlì-Cesena (2,2%), Bari (2,1%), Matera (1,9%) e Reggio Calabria (1,9%).

Sono molti i “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte in Lombardia, dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani, mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia.

I lavoratori stranieri contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy nel mondo.

Cosa prevede la proposta di regolarizzazione

Mentre Bellanova spinge la maggioranza verso una linea di consenso, le organizzazioni che aderiscono alla campagna “Ero straniero” hanno chiesto alle ministre dell’Interno e del Lavoro, Luciana Lamorgese e Nunzia Catalfo, di regolarizzazione gli stranieri già in Italia: “Si sono ripetute nei giorni scorsi le richieste da parte di organizzazioni di categoria, sindacati, associazioni per un intervento urgente in agricoltura, data l’impossibilità di raggiungere l’Italia per decine di migliaia di lavoratori stagionali, comunitari e non”.

Il rischio è, da un lato, uno stop del settore agricolo e di conseguenza della fornitura di generi alimentari nei negozi e supermercati. Dall’altro il ricorso a lavoro sommerso, caporalato e sfruttamento, senza nessuna garanzia a livello lavorativo e sanitario.

La proposta riguarda una regolarizzazione straordinaria attraverso un permesso di soggiorno a fronte della stipula di un contratto di lavoro nel settore agricolo, come in altri settori, a cominciare dai servizi di cura per persone anziane, malate e non autosufficienti, visto che la gran parte delle badanti è impiegata in nero e si tratta per lo più di donne straniere irregolari.

La petizione #adottauncontadino

Proprio dalle nostre campagne è partita anche la petizione #adottauncontadino. L’iniziativa, promossa dal Future Food Institute di Bologna con l’hub rurale Vazapp e in collaborazione con RURITAGE Rural Heritage Hubs (RHH), ha lo scopo di sostenere i piccoli agricoltori. La petizione, che si può firmare sulla piattaforma Change.org, nasce dall’ascolto che Vazapp fa tra gli agricoltori in Puglia quotidianamente ed è stata diffusa anche nel resto del mondo.

Un modo, anche, per rimarcare come gli agricoltori sono spesso donne e uomini invisibili il cui lavoro si dà per scontato, “come se il cibo crescesse sugli scaffali dei negozi” scrivono nella loro petizione.

Abbiamo visto riconvertire stabilimenti industriali in tempi record la propria produzione per far fronte alla carenza di dispositivi di protezione individuale, come mascherine e camici, ma ci stiamo tutti preoccupando di ciò che mangeremo nelle prossime settimane? Questa la domanda che gli agricoltori pongono.

Quello che non raccogliamo oggi non finirà sugli scaffali domani, ciò che non sarà possibile piantare non germoglierà, ciò che non sarà curato diverrà dissestato. La nostra fonte di sostentamento primaria, l’agricoltura, rischia seriamente un crollo che, a cascata, coinvolgerà tutti”.