Reddito di cittadinanza, ancora novità: come e cosa cambia

L’Inps ha comunicato proprio recentemente l’aggiornamento della domanda telematica di Reddito di cittadinanza: ma cosa cambia per chi deve fare richiesta?

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Con il messaggio n° 3684 del 07 ottobre 2022, l’Inps proprio recentemente ha comunicato l’aggiornamento della domanda telematica di Reddito di cittadinanza e Pensione di cittadinanza. Ma cosa cambia, in concreto, per chi deve presentare richiesta per la prima volta?

Andiamo con ordine.

Reddito di cittadinanza: come cambia la domanda

L’aggiornamento alle modalità di richiesta del Reddito di cittadinanza (Rdc) e Pensione di cittadinanza (Pdc) recepiscono quanto già introdotto dalla legge n. 234 del 30 dicembre 2021 e dal decreto-legge n. 4 del 28 gennaio 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 28 marzo 2019.

Le modifiche fanno seguito al messaggio n. 2820 del 14 luglio 2022 e interviene sui requisiti necessari per godere del sussidio e, quindi, sulle condizioni del soggetto beneficiario e/o della famiglia. Nello specifico, considerando che la domanda di RdC è resa dall’interessato all’Inps per sé e per tutti i componenti maggiorenni del nucleo, si è deciso di porre attenzione sul “Quadro F” del modello di domanda, riguardante le “Condizioni necessarie per godere del beneficio”, le quali riguardano le dichiarazioni in capo al richiedente e ai componenti il nucleo familiare ma in merito a:

  • misure cautelari;
  • condanne per i reati individuati dalla richiamata normativa di riferimento.

In particolare, al fine di rendere maggiormente accessibile il modello di domanda e per facilitare la compilazione, la dichiarazione relativa al richiedente è stata separata da quella relativa ai componenti del nucleo familiare.

Il controllo automatizzato sulla presenza di condanne con sentenza passata in giudicato da meno di dieci anni (per i reati di cui dall’articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 4/2019) avviene, si ricorda, tramite il Casellario centrale del Ministero della Giustizia e viene effettuato su tutti i richiedenti e i percettori sia di Reddito di cittadinanza che di Pensione di cittadinanza (come previsto dall’articolo 1, comma 75, della legge n. 234/2021).

Reddito di cittadinanza: i reati che ne determinano la sospensione

Salvo che il fatto costituisca reato più grave, chiunque rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi (oppure omette informazioni dovute) al fine di ottenere indebitamente il Reddito di cittadinanza è punito con la reclusione da due a sei anni. È punita anche – da uno a tre anni di reclusione – l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio.

Alla condanna in via definitiva per questi reati e per quello previsto dall’art. 640-bis del codice penale (ovvero truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche), nonché alla sentenza di applicazione della pena, consegue di diritto l’immediata revoca della card con efficacia retroattiva, questo vuol dire che il beneficiario è tenuto a restituire quanto ha percepito indebitamente.

Lo stop al Reddito di cittadinanza è predisposto dall’Inps e il sussidio non può più essere richiesto, se non dopo trascorsi dieci anni dalla condanna.

È disposta la decadenza anche quando uno dei componenti del nucleo familiare:

  • non effettua la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro;
  • non sottoscrive il Patto per il lavoro;
  • non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di formazione e riqualificazione al lavoro;
  • non aderisce ai progetti promossi dal Comune di residenza per i percettori del reddito;
  • non accetta una di tre offerte di lavoro considerate “congrue”;
  • non effettua le comunicazioni obbligatorie o le effettua ma sono mendaci;
  • non presenta una DSU aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare;
  • viene trovato, nel corso di ispezione, a svolgere attività lavorative che fanno venire meno il beneficio.

La decadenza dal beneficio è inoltre disposta nel caso in cui il nucleo familiare abbia percepito il Reddito di cittadinanza in misura maggiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato, per effetto di dichiarazioni false al momento della presentazione DSU – che com’è noto serve per l’ISEE – o nell’ambito della produzione di altri documento o attestazioni propedeutiche al riconoscimento della card.

Come fare domanda per il Reddito di cittadinanza

Le novità esposte nella circolare Inps, come abbiamo visto, non riguardano quindi le modalità di richiesta (ma l’aggiornamento della stessa). Pertanto la domanda per il Reddito di cittadinanza (così come per la Pensione di cittadinanza) può continuare a essere inoltrata online:

  • tramite il sito redditodicittadinanza.gov.it nella sezione “Richiedi o accedi”;
  • accedendo al portale Inps e cliccando sulla sezione “Servizi e prestazioni” una volta effettuato l’accesso tramite autenticazione.

In alternativa alle modalità telematiche, coloro che ne hanno diritto possono rivolgersi ai Centri di Assistenza Fiscale (CAF) o, dopo il quinto giorno di ciascun mese, presso gli uffici postali gestori del servizio integrato.

Le informazioni contenute nella domanda del Reddito di cittadinanza sono comunicate all’Inps entro dieci giorni lavorativi dalla richiesta. L’Istituto, entro i successivi 5 giorni, verifica poi il possesso dei requisiti sulla base delle informazioni disponibili nei propri archivi e in quelli delle amministrazioni collegate e, in caso di esito positivo, riconosce il beneficio che sarà erogato attraverso un’apposita Carta di pagamento elettronica (Carta Reddito di cittadinanza) che, attualmente, viene emessa da Poste Italiane.

La card Rdc consente di:

  • effettuare prelievi di contante entro un limite mensile di 100 euro per i nuclei familiari composti da un singolo individuo (incrementato in base al numero di componenti il nucleo);
  • effettuare un bonifico mensile SEPA/Postagiro in Ufficio Postale per pagare la rata dell’affitto, in favore del locatore indicato nel contratto di locazione, o la rata del mutuo all’intermediario che ha concesso il mutuo;
  • pagare tutte le utenze domestiche ed altri servizi quali, a titolo esemplificativo, le mense scolastiche, presso gli Uffici Postali (con bollettini o MAV postali) e presso tutti gli esercizi commerciali abilitati (tabaccai, i supermercati, bar, ecc.).

La carta consente inoltre l’acquisto di ogni genere di beni di consumo e servizi, ad eccezione di alcune specifiche categorie (qui l’elenco completo).

Il beneficio deve essere fruito entro il mese successivo a quello di erogazione. L’importo non speso o non prelevato viene sottratto nella mensilità successiva, nei limiti del 20% del beneficio erogato. Fanno eccezione gli importi ricevuti a titolo di arretrati. È prevista inoltre la decurtazione dalla Carta degli importi complessivamente non spesi o non prelevati nei sei mesi precedenti, ad eccezione di una mensilità.

Le modalità di monitoraggio e verifica della fruizione del beneficio e delle eventuali decurtazioni saranno definite con un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.